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Olimpiadi, Maria Centracchio più forte del Covid: “Dedicato al Molise e al mio fidanzato reggino”

La terza classificata nel judo è legata sentimentalmente all'atleta calabrese Gabriele Chilà

Maria Centracchio (judo)

«Il Molise esiste. E mena pure». Maria Centracchio lo urla forte, spezzando le lacrime che non riesce a fermare dopo aver preso il bronzo nel judo, categoria -63 chili, a Tokyo. A nome di tutti i piccoli del mondo, che ai Giochi diventano se stessi, ovvero grandi. «Arrivare qui è stato molto duro – spiega – perché ho vissuto un 2020 orribile. A inizio anno la mononucleosi, a ottobre il Covid. Ma io dicevo, datemi le Olimpiadi e poi ci penso io».
Ci ha pensato invertendo i pronostici che la assegnavano un buon torneo e poco più. Così Maria, 26enne nata a Castel di Sangro ma una vita a Isernia, prima molisana a prendere una medaglia individuale ai Giochi, ha combattuto a nome di tutti i piccoli, sapendo che la battuta tra i tanti studenti emigrati nelle Università di Roma, Milano o Bologna e i loro colleghi («Il Molise non esiste») non è questione di campanilismo o no, ma dei diritti a sognare anche per i meno famosi. «Dedico questa medaglia a tutte le persone che mi sono state vicine quando le cose erano difficili, la mia famiglia, il mio fidanzato e le Fiamme Oro che mi hanno supportata – dice – e lo dedico al mio Molise».

Il legame con la Calabria

Il fidanzato di Maria è il reggino Gabriele Chilà, 23enne saltatore in lungo e già campione italiano, tesserato con le Fiamme Gialle. Ieri, dopo l’allenamento al campo “Aldo Penna” del rione Modena, la gioia per la memorabile impresa firmata dalla sua fidanzata. «Maria è stata superlativa, ho esultato per i suoi successi iniziali che ho seguito in tv e, pur avendo ceduto in semifinale contro la campionessa olimpica a Rio 2016, è stata bravissima nel raggiungere il podio, un traguardo raggiunto con immensi sacrifici. Ha, sempre, avuto la tenacia di risollevarsi, per tutta una serie di inconvenienti che ha dovuto superare, tanto da essere stata costretta a restare ferma per un qual certo periodo. Ma la sua voglia di essere presente a Tokyo è stata più forte di ogni cosa e il suo bronzo è più che meritato. Non vedo l’ora di poterla riabbracciare».
Maria, 26 anni, una famiglia di judoka (il padre maestro nella palestra di Isernia dove ha cominciato, il fratello Luigi promessa azzurra che lo ha seguito a Tokyo per fargli da sparring partner), ha ringraziato anche Odette Giuffrida, alla quale assomiglia per forza di carattere oltre che per i capelli biondi. «La sua medaglia mi ha ispirato», dice della compagna di nazionale con la quale si allena a Ostia. «La sua è stata la medaglia dell’umiltà e della determinazione», dice il presidente della Federjudo, Domenico Falcone.

Il cammino fino al bronzo

La gioia del bronzo è arrivata dopo un bel percorso; battute la malgascia Nomenjahanary per ippon, l’ungherese Ozbas sempre per ippon, poi ai quarti la gran prestazione con la polacca Ozdoba-Blach, e ancora ippon. In semifinale il sogno si è infranto su una gigante slovena, la Trstenjak, oro di Rio, cedendo al golden score. Poi alla finalina l’olandese

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