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Il travaglio interiore
di una droga letale

Il travaglio interiore di una droga letale

Ho un nome impronunciabile, che mi hanno affibbiato in ambito chimico. Forse per questo molti giovani mi chiamano amichevolmente "Maddy", "Molly", "Mandy".

All'anagrafe risulto come metilenediossimetanfetamina, abbreviato Mdma o Md. Appartengo alla famiglia dell'ecstasy, delle pasticche da sballo, per intenderci. Negli ultimi tempi la mia popolarità e' cresciuta anche in Italia. Passo di mano in mano. Vengo assunta principalmente in locali notturni. Posso regalare emozioni, far "viaggiare", dispensare amore e allegria. Ma come un mutante, basta un niente per trasformarmi e diventare strumento di morte, istantanea o a lento rilascio. Ecco perché una profonda crisi d'identità mi attanaglia dalla nascita. Ciononostante, in tanti mi cercano ancora, desiderosi di scoprirmi, di provare gli effetti che provoco.

Non conosco (e non conoscono) nemmeno le mie caratteristiche di base. Sono una sorta di cavia, oggetto di esperimenti, di strani miscugli. Sono un ibrido. Ho un colore biancastro e a volte marroncino, una consistenza granulosa, anche se spesso mi materializzo sotto forma di cristalli. Sono un composto semisintetico altamente tossico, ottenuto da oli essenziali contenuti, ad esempio, nella noce moscata, nella vaniglia e in altre spezie vegetali.

Mentre vago alla ricerca di me stessa, sento la necessità di chiedere scusa. Di pentirmi, in quanto ho ucciso. Ho tolto la vita a molti ragazzi, alcuni dei quali adolescenti. Ho spezzato l'esistenza della povera messinese Ilaria a soli 16 anni, la stessa età che aveva Lamberto, il cui cuore si è fermato per sempre a Riccione. Ho persino portato al suicidio il diciottenne britannico Ben. Pare sia caduto in depressione alcuni giorni dopo avermi assunto. Sono solo un mezzo che conduce a fini sconosciuti, imprevedibili, principalmente negativi e spesso letali. Solo chi accetta i rischi non mi evita.

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