Il suo piatto preferito? Gli spaghetti al pomodoro, sempre. Dopo quindici anni da cronista politica, la giornalista napoletana Angela Frenda da tre anni è food editor al Corriere della Sera e le sue videoricette impazzano sul web in “Racconti di cucina”. Dopo l’esordio con “Racconti di cucina”, adesso torna in libreria con un libro manifesto, “La cucina felice. Le mie 76 ricette per stare bene” (Rizzoli, pp. 251 €16,90 fotografie di Claudia Ferri e Beatrice Pilotto, illustrazioni di Felicita Sala) in cui racconta il suo personale rapporto con il cibo e la gioia di vivere. Una passione per i fornelli sbocciata prestissimo seguendo le ricette del Manuale delle Giovani Marmotte ma in questo libro la Frenda si sofferma soprattutto sugli stereotipi (una donna che ha appetito “mangia come un camionista”) che finiscono per svilire il nostro rapporto con il cibo, del resto, prosegue l’autrice “nessuna food writer confessa di essere a dieta”. Ma perché nascondersi? Perché abbiamo bisogno di etichettare tutto? Soprattutto, possiamo smetterla di usare un hashtag orrendo come #foodporn? La prima ricetta è Seppie e Piselli, poi la Gricia e la Torta Pasqualina. Ricette golose, colorite, genuine e soprattutto non estreme. Del resto, secondo la Frenda la vera trasgressione “non è provare una torta, ma cucinarla”. Il cibo che mangiamo porta con sé tracce della nostra cultura, “ogni morso è un ricordo” e giocoforza le donne ai fornelli da un lato voglio essere emancipate, dall’altro in pace con il loro aspetto fisico, apprezzate dalla società. È forse chiedere troppo? C’è spazio per la Sicilia, terra amata dall’autrice, con “Pane, pipi e patate”, i cannoli e la pasta ammollicata per poi approdare al mangiare in modo moderno. Ovvero “accanto ad una fetta di torta c’è posto anche per una ciotola d’avena”, seguendo anche i dettami di Michael Pollan. Per cui se possibile rinunciate al pane bianco, mangiamo meno carne rossa, ascoltiamo il nostro corpo e assaggiamo l’avocado. Dalla ricetta dell’Amatriciana alla zuppa thai, di volata sino all’insalata di carciofi e parmigiano (“la mia coperta di Linus”) tutto nel segno del volersi bene, passando per il cibo portato in tavola. E cucinato con le nostre mani.
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