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"Caterina della notte" e l'amore della verità

"Caterina della notte" e l'amore della verità

«Oggi più che mai, Santa Caterina è un esempio per le donne. Non è un personaggio femminista, era una donna senese di contrada di una forza straordinaria, capace di provare un amore puro che spronava le altre donne ad usare un linguaggio virile». Sabina Minardi, giornalista culturale e scrittrice catanese, è rimasta estasiata dalle gesta di Santa Caterina tanto da farne il perno del suo romanzo d’esordio, “Caterina della notte” (Piemme, pp. 384 euro 18,50), collegando le esistenze di due donne a cavallo di epoche lontane. La prima è Catherine, quasi quarantenne e afflitta da un senso di vacuità, «una donna inaffidabile, capace di grandi passioni, capace di prendere in mano il proprio destino. Un personaggio amato dalle lettrici che talvolta indispone gli uomini, forse disturbati dalla sua autonomia affettiva».

Catherine vive a Londra e un giorno, casualmente, entra in possesso di un manoscritto, in cui Giovanna – una donna vissuta a Siena nella seconda metà del 1300 – riflette sulle parole di Santa Caterina, sua contemporanea e concittadina. «Ogni notte – prosegue la Minardi – sceglievo a chi dar voce, a Catherine nei giorni nostri o a lei, Santa Caterina, con un linguaggio alto e ostico, volgare e virile, lontano da noi. Caterina venne ammantata dalla Chiesa di una missione profetica, considerata alla stregua di una figura monolitica, predestinata. Ma lei era molto di più di questo».

Minardi dona voce alla santa e per farlo ricorre, con metodo, a stralci e frasi tratti da quasi 400 lettere, in cui emerge una grande verità: «Lei era una grande letterata, scriveva sempre con un inchiostro rosso e così le sue erano lettere scritte con il sangue. La conosciamo – prosegue Minardi – come l’artefice della missione che riportò la sede pontificia di Papa Gregorio XI da Avignone a Roma, palesando una sapiente arte politica e bacchettando con durezza la corruzione del potere. Ma scegliendo di usare le sue stesse parole, ho avuto modo di rendere la sua forza e insieme l’amore puro per Cristo, senza eludere l’aspetto sensuale, fisico, terreno. L’amore per Caterina – incalza l’autrice - era la forza stessa che muoveva il mondo, il fine ultimo cui tende l’uomo».

Ma il vero protagonista, forse, è un luogo assai rappresentativo, lo Spedale di Santa Maria della Scala, sorto a Siena intorno all’anno Mille, luogo di cura dei malati e di assistenza per i "gettatelli", rifugio di viandanti e pellegrini lungo la Via Francigena. «È un luogo simbolico dell’apertura di Siena verso gli stranieri, crocevia di umanità e culture diverse; qui, nel cuore della notte, Caterina si rifugiava nell’oratorio, in una nicchia riservata, per pregare e digiunare. Un posto carico di forza che mi ha travolto e ispirato».

Ancora una volta una occasione per riflettere, un ponte verso il presente: «Allo Spedale Santa Maria della Scala venivano accolti tutti, nessuno veniva considerato uno straniero. Una lezione che dovremmo tenere a mente anche oggi».

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