Nel Medioevo si credeva che il Purgatorio si trovasse sull’Etna, credenza venuta poi meno in quanto riprese rapidamente quota la naturale vocazione del vulcano siciliano ad essere considerato la sede dell’Inferno.
Sempre nel Medioevo ci fu chi raccontò che nelle viscere dell’Etna abbia trovato ospitalità niente di meno che Re Artù, dopo la tragica battaglia di Camlann contro i Sassoni in cui venne mortalmente ferito da Mordred. Racconto questo che viene considerato importante nella progressiva strutturazione del Purgatorio.
Erano stati alcuni padri della Chiesa, tra il VII e il XIII secolo, a localizzare in Sicilia il Purgatorio. In particolar modo il grande papa escatologico Gregorio Magno, il quale nei suoi “Dialoghi” pone le basi dell’aldilà cristiano nella Trinacria. “Più che in tutti gli altri luoghi - scrive – è nelle isole di quella terra che si sono aperte le marmitte dei tormenti che sputano il fuoco. Esse, come riferiscono gli esperti, si allargano ogni giorno di più, con l’avvicinarsi della fine del mondo”. Per Gregorio, cioè, scrive Maria Corti nel suo bellissimo omaggio al nostro vulcano che è il libro “Catasto magico”, “l’estendersi dell’Etna per le sue secolari eruzioni, insomma la Valle della Bove, la Val Calanna sono segnali di un monito divino ai malvagi del futuro perché si spaventino a dovere”.
Ma Gregorio Magno non era stato il solo a menzionare la Sicilia come luogo terreno di accesso all’aldilà. Nel 1100, infatti, ricorda lo storico Jacques Le Goff nel suo “La nascita del Purgatorio”, lo aveva fatto anche Giuliano da Vèzelay nei suoi Sermoni. Giuliano, infatti, parlando dei dannati che popolano l’inferno li chiama “etnici dalla parola Etna, a causa di quel fuoco eterno, e per i quali non vi è più alcun riposo”. L’Etna, cioè, viene individuato come luogo dell’aldilà, punto di comunicazione tra la terra e la geenna, tra i vivi e i morti. “Ma dove si compie qui, dal punto di vista geografico – si chiede Le Goff – la distinzione tra l’Inferno e il Purgatorio?”.
C’è da dire che fino a quando il Purgatorio non acquista una chiara autonomia topografica, e non si definisce quale luogo intermedio tra il Paradiso e l’Inferno, esso viene considerato un quasi-Inferno, dove si viene tormentati non per l’eternità ma temporaneamente.
Alla luce di questo la scelta dei vulcani quale sede del Purgatorio fu quasi ovvia, dal momento che essi avevano la prerogativa di riunire, in quanto montagne provviste di un cratere, ossia di un pozzo, ed emettendo fuoco (elemento purificatore per eccellenza), gli elementi essenziali della struttura fisica e simbolica del Purgatorio. E tra i vulcani la scelta dell’Etna fu consequenziale, per essere dalla notte dei tempi il vulcano più conosciuto, descritto ed evocato, con tutto il suo corredo di miti, divinità e giganti. Non c’è, infatti, luogo della terra più citato , conosciuto e ricorrente nella letteratura. E non solo di quella mitica.
L’Etna, infatti, ha percorso ed impressionato (e lo continua a fare) l’immaginario degli antichi così come dei moderni.
A contendere alla Sicilia il luogo dove sorgeva il Purgatorio fu un’altra isola, posta all’altro capo del mondo cristiano, l’Irlanda, dove si trova il celebre “Purgatorio di San Patrizio”, localizzato nell’isola di Station Island nel Lough Derg, nella Contea del Donegal, nei pressi della frontiera dell’Irlanda del Nord. Questo luogo divenne meta di pellegrinaggio sin dalla fine del secolo XIII.
A trasportare i morti verso l’Etna, attraversando lo Stretto di Messina di notte e nel massimo silenzio, secondo Gregorio Magno, era una nave nera senza vele e senza equipaggio. E fu sempre attraversando lo Stretto, a bordo però di una nave dalle vele grigio-argento che giunse in Sicilia Re Artù. Era la nave della sorella Morgana, che dopo averlo condotto sull’Etna si trasferì in un castello di cristallo tra il vulcano e lo Stretto di Messina, dove la fata dimora da allora manifestandosi di tanto in tanto dando vita a quel fenomeno di rifrangenza (il cosiddetto miraggio) che da lei prende il nome. Ma Artù, vi chiederete, non venne portato da Morgana sull’isola di Avalon, così come racconta Goffredo di Monmouth? Certo, il punto è che per alcuni scrittori dell’epoca, in testa Gervasio di Tilbury, Avalon è la Sicilia. Dal momento che l’ingresso terrestre all’aldilà si trovava nell’Etna, Avalon – quale luogo immaginario – non poteva che essere la Sicilia.
Ma per quale motivo la Sicilia perse a favore dell’Irlanda la competizione su dove si trovasse il Purgatorio? Presto detto. “La Sicilia di Federico II – spiega ironicamente Le Goff – tra un sovrano sospetto di eresia e la presenza di monaci greci e musulmani, non parve abbastanza cattolica per ospitare il Purgatorio, o uno dei suoi principali accessi, e l’Etna non potè liberarsi della sua immagine propriamente infernale”.
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