Un vero e proprio rompicapo. La permanenza di Friedrich Wilhelm Nietzsche a Messina dal 31 marzo al 20 aprile del 1882 resta un mistero. Un mistero che neanche i suoi biografi più autorevoli sono riusciti a penetrare fino in fondo. Quello che è certo che il grande filosofo tedesco quando sbarcò a Messina, quella mattina di fine marzo era piuttosto malconcio. Per tutta la notte non aveva chiuso occhio per il mal di mare che lo aveva assalito subito dopo essere salpato da Genova, unico passeggero di un mercantile a vela. Pare, addirittura, sia stato portato a terra in barella.
“Nessun altro periodo della sua vita ha provocato tanto imbarazzo ai suoi biografi” ebbe a dire il suo biografo Joachim Koelher. Altri sottolinearono che comunque si trattò di un fatto trascurabile nella biografia dell’autore della “Così parlo Zarathustra”. Non sono di questo avviso Guy de Pourtales e Antonio Cippico, i quali scrissero che la breve permanenza in riva allo Stretto fu alquanto proficua perché è qui che completò gli “Idilli di Messina” ed è sempre qui che lavorò proficuamente alla stesura de “La Gaia Scienza”. De Pourtales si spinge a sostenere nel suo fortunato “Nietzsche in Italia” del 1929, che “è a Messina che Nietzsche ha cominciato a danzare la sua opera e il suo pensiero”.
Ma perché l’inquieto e geniale filosofo tedesco venne proprio a Messina? Koelher è convinto che dietro questa scelta c’è l’opera di propaganda che Wilhem von Gloeden fece delle bellezze di Taormina. Ma anche il suo amore per Goethe che a Taormina trovò l’ispirazione per la sua Nausicaa. Di certo N. aveva letto il “Viaggio in Italia” del connazionale rimanendone colpito. “Sempre mi aleggia intorno la Nausicaa – scrive con entusiasmo al suo grande amico e musicista Peter Gast, alias Heinrich Köselitz – un idillio con le danze e tutto lo splendore meridionale di quelli che vivono al mare”. Fatto sta che l’11 marzo del 1882 scrive ancora a Gast: “Alla fine del mese vado alla fine del mondo: se lei sapesse dov’è! Mi seguirà alla fine?”.
Quindi, non fu un colpo di testa a portarlo in Sicilia, bensì era un progetto che egli accarezzava da qualche tempo, insieme alla possibilità di rimanerci almeno un anno. Il viaggio da Genova, come detto, non fu dei migliori per via del mal di mare. Sbarcato su una lettiga trovò ospitalità in un albergo cittadino che dava su piazza Duomo. Scrive alla madre e alla sorella il primo aprile: “L’ultimo mio attacco di dolore somigliava del tutto al mal di mare. Quando mi risvegliai all’esistenza, giacevo in un lettino grazioso che dava su una tranquilla piazza del Duomo: davanti alla mia finestra un paio di palme. Qui passerò anche l’estate”.
A N. Messina fa bene. Si sente rinfrancato, ha recuperato le forze, tanto da scrivere a Gast e all’amico teologo Franz Overbeck: “I miei nuovi concittadini mi viziano e mi corrompono nel più amabile dei modi”. A Overbeck scrive che i messinesi sono amabili e premurosi tanto che lo sfiora l’idea che qualcuno lo possa avere preceduto in Sicilia allo “scopo di comprarmi i favori di questa gente”. Ma la gioia durerà pochi giorni, a causa di un’ondata di scirocco che prima lo costringe a barricarsi nella sua camera, quindi, suo malgrado, il 20 aprile, a lasciare Messina. Il suo disappunto è tale che l’8 maggio dello stesso anno scrive a Rée da Locarno: “Ancora scirocco intorno a me, il mio grande amico, anche in senso metaforico. Ma alla fine penso sempre: senza lo scirocco sarei a Messina”.
Di quello che fece a Messina non si sa nulla. Il suo desiderio di passare inosservato lo portò a essere così discreto che del suo passaggio in città non c’è traccia alcuna neanche negli scritti del console tedesco del tempo, August Scheneegans, che nella sua famosa guida sulla Sicilia si sofferma su Goethe a Messina e sulle ragioni che portarono Schiller ad ambientare nella città peloritana il dramma “La sposa di Messina”. Possibile che l’arrivo di un personaggio come N. sia passato del tutto inosservato? Che al consolato tedesco – il primo consolato ufficiale aperto dall’impero germanico in Italia – non sia arrivata la notizia di un connazionale così famoso giunto a Messina e per di più in cattive condizioni di salute?
Certo, voci tramandate anche in campo accademico, raccontano di lunghe passeggiate a Pace, Paradiso e Contemplazione. Si favoleggia anche di una breve visita a Taormina. Ma null’altro.
Ma a colpire l’immaginazione è il mancato incontro con il suo ex grande amico Richard Wagner, dal quale ormai tutto lo divideva. A Messina il compositore, manco a dirlo, arrivò in pompa magna, preceduto da un annuncio sulla “Gazzetta di Messina” dell’11 aprile 1882. Wagner aveva trascorso l’inverno a Palermo intento a comporre il “Parsifal”. Sapeva della presenza di N. a Messina? E’ improbabile. E l’autore degli “Idilli di Messina”, a sua volta, era al corrente che il suo rivale per quasi tre giorni si trovò, letteralmente, a pochi passi dalla sua pensione? Qui i pareri divergono clamorosamente. Fatto sta che mentre Cosima e le figlie si recarono al monastero di San Gregorio per ammirare il polittico di Antonello da Messina, Wagner vagò per la città soffermandosi in piazza Duomo, sulla quale, ricordiamolo, dava la finestra di Nietzsche. Possiamo solo dire che se è altamente improbabile che Wagner sapesse che N. si trovava a Messina, il contrario è meno plausibile dato il rumore che fece la visita in città.
Wagner lasciò Messina il 13 aprile. N. lo fece il 23. Lo scirocco lo aveva battuto e i suoi propositi di trascorrere almeno l’estate al sud erano falliti. Il 24 era a Roma su invito di Malwida von Meysenburg e Paul Rée, che gli fecero conoscere Lou Andrea Salomè, di cui si innamorò perdutamente.