Gli ambasciatori veneziani a Costantinopoli dicevano di lui che era arrogante, bugiardo e avido, non mancando nel contempo di ritenerlo intelligente e coraggioso. E per questo cercavano in tutti i modi di farselo alleato.
Scipione Cicala, detto Sinan Bassà, è tra i tanti rinnegati cristiani che combatterono al soldo dell'Impero ottomano, senz'altro il più famoso. Tanto famoso che le sue gesta nel tempo hanno trovato chi le riecheggiasse in canzoni e in pagine letterarie, come nel caso di Fabrizio De Andrè che nel suo "Creuza de ma", dedicò uno dei suoi brani più belli proprio a Sinan Capudan Pascià, e più di recente lo scrittore catanese, Pietrangelo Buttafuoco, che ha scritto l'intenso romanzo "Il lupo e la Luna".
Nato a Messina nel 1544 dal capitano di mare genovese ,Visconte Cicala, e dalla misteriosa schiava turca Lucrezia, Scipione deve la sua notevole fama all'abilità politica e più ancora militare che dimostrò nella rapidissima e prestigiosa scalata alle più alte cariche della Grande Porta.
In pochi anni, infatti, passò dal comando di poche galee, a capo dei giannizzeri, per diventare quindi Capudan Pascià, cioè ammiraglio della flotta, fino a ricoprire, anche se per poche settimane, la carica di Gran Visir. In tutto questo un ruolo decisivo lo svolse sia il favore di cui godette da parte del Sultano, che l'enorme ricchezza di cui Scipione Cicala potè disporre grazie al matrimonio con Xano Ssaliha Sultana, nipote di Suleiman e figlia del Gran Visir Ahmed.
Ma come finì a Costantinopoli Scipione Cicala? Era stato catturato dai corsari guidati da Dragut al largo di Marettimo, alle Egadi, mentre con il padre Visconte veleggiava verso la Spagna. Era il 18 marzo del 1561 e Scipione aveva appena 17 anni. Secondo di tre figli, il futuro comandante della flotta turca era quello che più somigliava al padre per temperamento e spirito guerriero e quindi quando l'età lo permise Visconte lo portò con sé nelle pericolose scorrerie che egli compiva abitualmente contro le navi turche e barbaresche.
Condotti alla presenza di Suleiman al giovane Cicala venne data la possibilità di barattare la libertà del padre con la sua conversione al Corano. Accettò, venne circonciso e rinchiuso nel Serraglio. Visconte secondo alcune versioni tornò a Messina, dove morì a 60 anni, come si poteva leggere sulla sua tomba (realizzata dal Calamech) ubicata all'interno della chiesa di San Domenico. Da dove, dopo il 1908, fu trasferita al Museo regionale. Un'altra versione racconta che Visconte, rimasto ferito durante la cattura, morì il 12 dicembre 1564 in Turchia.
Abile e scaltro come pochi Scipione donò al sultano 200 mila zecchini, ottenendo in cambio la prestigiosa carica di Capudan Pascià. La sua ascesa ai vertici militari venne vista come il fumo negli occhi dai Veneziani. Gli Spagnoli, invece, con lui tentano una carta diversa, quella della diplomazia e degli affetti (da leggersi in questa chiave i frequenti viaggi del fratello Carlo a Istanbul), tenuto conto che tutta la famiglia del rinnegato viveva a Messina, sotto il dominio del vicerè iberico.
Ma sarà per non insospettire i suoi nemici all'interno della Porta, che il primo settembre 1594, in una delle sue tante scorrerie nel Mediterraneo, si fermò nello Stretto di Messina per chiedere al vicerè di Sicilia duca di Maqueda di poter incontrare la madre Lucrezia. Ma non venne accontentato. La sua reazione fu terribile: attaccò e saccheggiò i centri di Bovalino, Careri e Ardore. Subito dopo toccò a Reggio, che venne messa a ferro e fuoco, senza che all'orizzonte si vedesse una nave spagnola. La flotta, comandata da Giannandrea Doria, arrivò il 25 settembre, quando ormai la città era stata distrutta. Molti osservatori, specie i veneziani e il pontefice Clemente VIII, insinuarono che si trattò di una sorta di messinscena, proprio per sviare i sospetti di segreta intelligenza tra Sinan e Filippo II.
Morto il Sultano Amurat III il 16 gennaio 1595, Sinan Bassà venne privato del Capitanato del mare. Ma il suo allontanamento fu solo momentaneo, perché il nuovo sultano Murad III, nell'agosto dello stesso anno lo inviò in Ungheria, dove da anni i turchi combattevano senza risultati. Il 5 ottobre Sinan partecipò all'epica battaglia di Mezö-Keresztes, ribaltando l'esito dello scontro quando l'arciduca Massimiliano sembrava averla avuta vinta. Questo rivaluta enormemente Cicala, che ottenne di essere reintegrato nella carica di Capudan Pascià.
Nell’autunno del 1598 Sinan Bassà si presentò alla testa di 50 galee davanti a Pellaro. Rapidamente sulla costa calabrese si diffuse il terrore. Cicala chiese ancora una volta di poter rivedere la madre Lucrezia, che non vedeva da ben 37 anni.
«S'adesso vi manderanno - scrive in una toccante lettera alla madre -, acciò complisse secondo il gran desiderio che io tengo di vedervi, e che non resti in questo mondo privo della vista vostra. Io vi prometto rimandarvi, sicché se voi m'amate, come io amo a voi, cercarete licentia di venirmi a vedere».
Stavolta il vicerè soagnolo gli accord il permesso e Scipione potette riabbracciare la madre a bordo della sua nave.
La madre partì insieme a figli, nipoti ed amici in una galea siciliana, sulla quale furono imbarcat i anche frutta, dolci e altre prelibatezze. «Di là Scipione - scrive lo storico messinese Gaetano Oliva - subito che ebbe visto la madre, fece sparare salva reale a tutti i suoi legni, e fattosi all'ultimo gradino della scala di fuoribordo, con affetto di figlio rispettoso, teneramente piangendo abbracciolla».
Sei mesi dopo aver incontrato la madre, Cicala, nell'estate del 1599, ritenne giunto il momento di realizzare un suo ambizioso progetto: la conquista della Calabria, che proprio in quel periodo accarezzava l'idea di sollevarsi contro la Spagna. A ispirare questo disegno fu Tommaso Campanella, domenicano, noto per il trattato filosofico "Città del Sole". Rinchiuso diverse volte in carcere per le sue idee, nel 1599 tornò nella natia Stilo, con lo scopo proprio di organizzare la rivolta contro gli spagnoli. Tra il Campanella e il Cicala ci furono contatti grazie ai tanti calabresi rifugiati a Istanbul. A comandare la congiura Maurizio de Rinaldi, che doveva dare avvio all'insurrezione entrando nottetempo a Catanzaro con 3-400 uomini, contando sull'appoggio dei turchi di Sinan Bassà. Ma Cicala, ancorato nel Golfo di Squillace non ricevette nessun segnale. I congiurati infatti vennero arrestati tutti.
Cinque anni dopo lo troviamo al comando sul fronte occidentale, dov'era scoppiata una nuova guerra tra Ottomani e Persiani. La sua campagna fu disastrosa ed egli subì una sconfitta cocente del tutto simile a quella che aveva inflitto agli ungheresi. Morì di crepacuore il 2 dicembre 1605.