Domenica 22 Dicembre 2024

Cervantes per sei mesi a Messina

Miguel de Cervantes Saavedra

Quattrocento anni fa moriva a Madrid Miguel de Cervantes Saavedra, autore del “Don Chisciotte”, uno dei capolavori più importanti della letteratura mondiale. In tutto il mondo si sono svolte cerimonie e convegni per ricordare la figura del grande letterato spagnolo. Meno che a Messina, dove Cervantes visse per sei mesi, subito dopo la battaglia di Lepanto, il 7 ottobre 1571, a cui lui prese parte e in cui venne ferito al petto e alla mano sinistra, “a maggior gloria della destra”, come ebbe a vantarsi ripetutamente.

A Messina Cervantes rimase dal 31 ottobre di quell’anno al 24 aprile del 1572 ospite del Grande ospedale civico - che sorgeva nell’area dell’attuale Palazzo di Giustizia -, dove furono accolti buona parte dei feriti dell’epica battaglia navale. Al comando della vittoriosa armata cristiana Don Giovanni d’Austria, di quella turca Alì Pascià.

Sei mesi sono un lasso di tempo breve, normalmente. Normalmente appunto. Ma se consideriamo che quei mesi sono successivi a due degli avvenimenti più importanti del grande autore iberico – allora solo ventiquattrenne – non sarà difficile attribuire a quel periodo la giusta considerazione sia su un piano squisitamente storico che letterario. E a dirlo sono alcuni tra i più grandi biografi di Cervantes.

Cervantes menziona Messina quattro volte: una volta nel “Don Chisciotte”, con il racconto delle disavventure dello schiavo, che narra le sue vicissitudini precedenti e successive alla battaglia di Lepanto (capitolo XXIX del primo volume); quindi in due novelle esemplari: “Il dottor Vetrata” e “L’amante generoso” e nel “Viaggio al Parnaso”.

L’unico storico messinese ad occuparsi del soggiorno di Cervantes nella nostra città fu il barone Giuseppe Arenaprimo, il quale nel suo libro “La Sicilia nella battaglia di Lepanto”, pubblicato a Messina nel 1892, scrive che “tra i guerrieri di Lepanto, ricevuti nel nostro ospedale, era un giovane ventiquattrenne, che mostrava il braccio sinistro mutilato, involto di panni sanguinosi, era don Miguel de Cervantes Saavedra, il nobile poeta spagnolo, che abbandonato per poco il santo collegio delle muse, di cui si confessava sacerdote indegnissimo, era accorso, da semplice volontario, nella guerra contro il turco; e a Lepanto pleò come debia un tan buen cristiano y soldado tan valiente, come egli stesso ci lasciò scritto ‘En el viage del Parnaso’.

Ma cosa fece Cervantes a Messina sia prima di partire per Lepanto che dopo, ferito, ma in condizione di badare a se stesso a Messina? Bruno Frank, autore di ‘Cervantes. Una vita più interessante di un romanzo’, narra che Miguel giunse a Messina il 31 agosto del 1571 con la compagnia del capitano Diego de Urbina, anticipando di qualche giorno l’arrivo di Don Giovanni d’Austria e delle sue navi. L’attività principale di C. in quei giorni che precedevano la partenza a bordo della ‘Marquesa’ era la lettura tanto da essere deriso e dileggiato da una parte della ciurma avvezza alla violenza e all’alcol. Ma lui non si tirò indietro e se ne prese tante di botte, qualche pugno lo diede anche lui, tanto da essere poi rispettato e lasciato in pace.

Frank racconta poi i momenti successivi al ricovero di Cervantes nel Grande ospedale civico di Messina. Col braccio fasciato Miguel  si mise a girovagare nei giardini dietro l’ospedale , dove leggeva Plutarco e Tucidide che gli aveva prestato il cappellano gesuita del nosocomio.

A sua volta Sebastian Arbò, autore di un’altra famosa biografia su C., raccontò del trionfale ritorno della flotta nel porto di Messina. Quindi si soffermò su Cervantes mentre attendeva di guarire. Raccontò, chiaramente romanzando, delle lunghe attese prima di poter uscire dall’ospedale, delle sue passeggiate per i sobborghi della città. Delle sue letture e della sua contemplazione dello Stretto. Nonché degli appunti che prenderà di fronte a quella bellezza e ripensando a quanto gli era accaduto: materiale che gli tornerà utile per scrivere poi il “Don Chisciotte”. In particolare l’Arbò è convinto che quelle esperienze fatte a Messina in quei giorni incredibili gli tornarono utili per scrivere la scena dei caprai nel Chisciotte e tante altre ineguagliabili pagine dei suoi scritti.

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