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Calabria, lavoro col contagocce

Calabria, lavoro col contagocce

Poco meno di 5 milioni di ore di cassa integrazione straordinaria nei primi otto mesi dell'anno forniscono un'eloquente idea di quanto il lavoro in Calabria continui ad essere una rarità. I risultati confrontati con lo stesso periodo dell'anno scorso indicano un sostanziale tracollo dell'offerta occupazionale nella regione, con un aumento complessivo del 346% dell'intero sistema di ammortizzatori sociali. Sono i dati dell'Inps e della Regione elaborati dalla Uil nazionale che mettono la Calabria in testa alla regioni, seconda solo alle Valle d’Aosta.

La cassa integrazione si dà a chi il lavoro non l'ha ancora perso ma è sulla cattiva strada. Può essere ordinaria se a breve termine, straordinaria a lungo, e in deroga quando si tratta di occupazione fuori dal settore strettamente industriale. Ma l’anno scorso in Calabria 757 mila ore di Cig sono andate al settore industria e circa 10 mila all'edilizia. Zero o quasi nel commercio e artigianato. Annus horribilis se si pensa che nell'agosto 2015 la Cig ordinaria nella regione era pari a zero mentre solo dodici mesi dopo è cresciuta a 14 mila ore. Il peggio è per la straordinaria che è schizzata su di 5 volte, da 147 mila a oltre 700 mila ore. Raddoppiata la Cig in deroga. Una crescita complessiva del 346% mentre la media nazionale è calata del 20%.
Dati che non riescono a fare uscire la Calabria dal guado della crisi. Nonostante la Svimez si scapicolli a dire che il Pil calabrese è salito dell'1,1% nel 2015 rispetto all'anno precedente, e il Fondo monetario preveda per quest’anno una crescita dello 0,3% dello stesso Pil pur confermando che nell'altra Italia, Emilia Romagna e Lombardia, il salto produttivo si aggira intorno all'1%.

Nella giungla dei numeri sull'economia locale, sempre interpretabili, resta grave che da gennaio allo scorso agosto i calabresi siano stati sottoposti a 5 milioni e mezzo di ore di cassa integrazione, con un aumento del 12% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Significa che qualcosa non funziona. «Il Jobs Act ha fissato nuovi e restrittivi limiti temporali alla durata della cassa integrazione e, in più, è stato aumentato il costo per le imprese che la richiedono rischiando così di far slittare verso la disoccupazione parte dei lavoratori coinvolti dai processi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale», sostiene Guglielmo Loy segretario confederale Uil.

Catanzaro e Crotone sono nella "top ten" delle province italiane con più forte aumento della Cig. Il capoluogo di regione al sesto posto nell’agosto scorso con una crescita del 270% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso (627 mila ore di ore autorizzate), Crotone in settima posizione con un +225%. Cosenza in calo del 57%, ma ai primi due posti per la diminuzione della Cig ci sono Vibo Valentia e Reggio.
La Calabria è in controtendenza, ma il ricorso alla cassa integrazione guadagni è comunque diminuito nel paese se si pensa che le ore autorizzate l'anno scorso sono state 677 mila e nel 2010 erano praticamente il doppio. Col Jobs Act poi hanno fatto il loro ingresso nel mondo del lavoro con prepotenza i voucher a cui sempre più spesso gli imprenditori ricorrono per trovare lavoratori occasionali. L'anno scorso nel paese ci sono stati quasi un milione e mezzo di buoni, solo otto anni fa erano meno di 30 mila.

«La Calabria resta in difficoltà ad uscire dalle secche di una crisi economica e produttiva senza precedenti», spiega Santo Biondo segretario regionale Uil, «fra le regioni meridionali solo quella calabrese ha fatto registrare un dato positivo di questi indicatori. La sofferenza del sistema produttivo calabrese dimostra che le politiche messe in atto dalla Regione per il sostegno alle imprese, soprattutto attraverso lo sfruttamento delle risorse comunitarie, poco stanno dando al rilancio dell’economia locale». Conclude: «I dati sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali, fra le altre cose, mettono in risalto la stasi produttiva della Calabria e l’assenza drammatica di quelle politiche attive per il lavoro che potrebbero cambiare le sorti degli occupati di questa regione sempre più isolata e distante dal resto della penisola».

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