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Risparmi record a 24,2 miliardi

Cresciuti dell’80% in dieci anni. Ogni abitante ha in media 12mila euro

Risparmi record a 24,2 miliardi

I calabresi hanno 24,2 miliardi fermi nelle banche. I depositi possono essere nei conti correnti o semplicemente a risparmio. Sono soldi, in ogni caso. Liquidità che contrasta in modo evidente col Pil pro capite dei calabresi che l’anno scorso non ha superato i 17 mila euro, secondo l’Istat, quando invece ogni calabrese ha in media oltre 12 mila euro fermi in banca. Con tassi d’interesse attivi a percentuali da prefisso telefonico e pure gravati dalle tasse.

Per fare un paragone che può aiutare, i fondi europei del Por assegnati alla Calabria sono 2,3 miliardi spalmati in sette anni, dal 2014 al 2020. Nelle banche i calabresi possiedono una cifra maggiore di oltre dieci volte, ma di denaro immediatamente disponibile.

“Paperoni” allo scoperto

Questa Calabria dove i “paperoni” sono sorprendentemente più di quanto si possa immaginare viene fuori dai dati che la Banca d’Italia pubblica annualmente nei suoi dettagliati rapporti congiunturali sull’economia regionale. Ma come fanno i calabresi ad avere tutti questi liquidi depositati nei salvadanai? «Si tratta di un atteggiamento di natura prudenziale», è la prima spiegazione di Francesco Aiello, economista dell’Università della Calabria. Che però aggiunge un altro aspetto: «Significa che c’è parecchia economia che non viene fuori. Qui c’è qualcosa che non va».

A non quadrare infatti ci sono i conti dei calabresi che negli ultimi dieci anni, dal 2007 al 2016, sono cresciuti dell’80%. In modo esponenziale nonostante i dati su produzione e occupazione restino al palo, incollati agli ultimi posti delle classifiche nazionali, a volte anche europee. Dei conti e delle attività sommerse dei calabresi si occupano ogni giorno magistratura e forze dell’ordine, ma i numeri che appaiono nelle tabelle pubblicate da Bankitalia sono inattaccabili: nel 2007 i depositi bancari nella regione erano in totale 13,45 miliardi, un decennio dopo sono cresciuti a 24,22 miliardi. Con un aumento di oltre 10 miliardi, cioè dell’80%.

Strategia anticrisi

Come se la crisi globale che ha colpito il mondo non fosse mai arrivata in Calabria, e se è arrivata le famiglie nell’incertezza del futuro hanno pensato esclusivamente a tenere un bel gruzzolo in banca. In barba a tutte le classifiche sulla povertà. È cambiata anche la tendenza dei risparmiatori. Almeno di quelli attivi, cioè chi preferisce non tenere fermi i soldi in banca. Il risparmio gestito è per molti ancora sconosciuto, ma se fino al 2012 un risparmiatore su tre puntava sui titoli di Stato e le obbligazioni bancarie, nel 2016 queste due voci sono calate (titoli -11,1% e obbligazioni -29,9%), sono cresciuti gli investimenti in fondi comuni (9,7%).

Sergio Magarelli, direttore della filiale Bankitalia di Catanzaro, sostiene che «le imprese locali continuano a detenere i risparmi nei conti bancari, forse è un dato d’attesa». Mentre Giuseppe Speziali, che fino a poco tempo fa ha guidato Confindustria Calabria, sostiene che «tenere fermi i soldi in banca per le imprese edili è praticamente impossibile perchè c’è da anni una pesante crisi del mattone e le banche che i prestiti li fanno col contagocce ci chiedono sempre più spesso di rientrare dalle situazioni debitorie». L’industriale catanzarese collega questo problema al risparmio: «Qui le famiglie preferiscono tenere i loro soldi in banca, non investono neanche in immobili, e in Calabria non si vendono più case».

Corsa al risparmio

C’è stata una vera e propria corsa al risparmio di famiglie e imprese calabresi nel periodo 2013-2016, sempre in base ai dati Bankitalia. La provincia che mette più soldi sotto il materasso è quella di Cosenza, la più popolosa nella regione, con oltre 9 miliardi depositati nel 2016. Seguita da quelle di Reggio con 6,6 miliardi e Catanzaro con 5,4 miliardi. In coda Vibo con 1,6 miliardi e Crotone con 1,4. Quest’ultima è la sola provincia che nei quattro anni considerati ha registrato una lieve diminuzione del risparmio.

«Il motivo è soprattutto antropologico», commenta Flavio Talarico presidente della Banca di credito cooperativo del Catanzarese, «perchè stiamo parlando di gente che accumula, e i pensionati sono la cassa di questa regione». Poi fa l’esempio di un ultra ottantenne da poco deceduto in un paesino del Cosentino che ha passato tutta la vita nel suo negozietto sempre con la stessa giacca e il medesimo paio di scarpe buone per tutte le stagioni. Il vecchietto single ha lasciato in banca un milione di euro.

Sud bancomat del Nord

«Ma tutti questi soldi dove finiscono?», è la domanda del professore Aiello, «perchè bisogna capire se tutti questi risparmi vengono investiti dalle banche in Calabria o fuori. La realtà è che gli istituti di credito del Sud sono il bancomat di quelli del Nord». L’economista parla di «tragicità finanziaria» e suggerisce una strada: «Bisognerebbe canalizzare questi depositi verso chi chiede credito nella regione». Lo dice ben sapendo che la stretta creditizia delle banche verso i calabresi è atavica per i dati poco incoraggianti delle sofferenze. Cioè i soldi presi in prestito e non restituiti.

A sostenere che «le grandi banche prima raccolgono risparmi in Calabria ma poi non investono nella regione» è anche l’imprenditore Speziali. Una tendenza, quella dei soldi fermi in banca, che riguarda tutto il Sud. E se la quota media dei calabresi è di 12.300 euro in deposito nel 2016, quella dei siciliani è di 11 mila, pugliesi e campani intorno ai 14 mila. Con le medesime caratteristiche: investimenti finanziari ridotti all’osso. C’è la crisi, i propri soldi in banca danno sicurezza».

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