I poeti sono una maledetta anomalia del sistema. La sparuta minoranza di un'umanità composta da "ragionieri". I poeti mal si adattano a un destino da anatre starnazzanti. Eppure sono costretti a vivere - mal sopportati - fianco a fianco con quelli che sanno far di conto. In "Mon coeur mis à nu", Baudelaire parla della "morale da cassieri" su cui si fonda il mondo della borghesia e che gli "fa orrore". Gli risulta impossibile adattarsi. Ma perché questi "ragionieri" che detengono il potere assoluto odiano così tanto quell'un per cento dell'umanità composto dai poeti? Lo spiega bene Henry Miller nel suo saggio su Rimbaud "Il tempo degli assassini" (titolo tratto dalle "Illuminazioni").
"Il mondo non sa che farsene di originalità - spiega Henry Miller - vuole conformismo, schiavi, più schiavi. Il posto per il genio è nel fango, a scavare fossati, o nelle miniere o nelle cave, in qualche luogo dove le sue doti non saranno utilizzate. Un genio in cerca d'impiego è uno dei più tetri spettacoli del mondo. Non va bene in nessun posto, nessuno lo vuole. È inadatto, dice il mondo. Dopo di che gli vengono bruscamente sbattute le porte in faccia. Ma allora non c'è proprio nessun posto per lui? Oh sì, un angolo c'è sempre, proprio sul gradino più basso. Non l'avete mai visto sulle calate del porto che carica sacchi di caffè o altre derrate "necessarie"? Non avete mai osservato come sa lavare i piatti nelle cucine di una lurida trattoria? Non l'avete mai visto portare valigie e bagagli alla stazione ferroviaria?"
E più avanti, a proposito della fine di Rimbaud: "Era suo destino, si direbbe, di avere ali e di essere incatenato alla terra. Si divincola come per giungere alle stelle più remote, solo per trovarsi a guazzare nella melma. In realtà, quanto più batte le ali, tanto più si trova imprigionato sulla terra. In lui fuoco e aria combattono con acqua e terra. È un'aquila incatenata a una rupe. E sono i passerotti a mangiarsi il suo cuore".
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