Macchina del tempo. Modello base. Art. 57921.
Inizialmente la clessidra veniva usata per misurare, in maniera approssimativa, il trascorrere del tempo. Solo in un secondo momento, un poeta anonimo del XX sec. scoprì il metodo d'utilizzo alternativo poi arrivato fino ai nostri giorni.
Oggi si dà per scontato che con la clessidra si possa adeguatamente capovolgere il tempo e viaggiare a proprio piacimento attraverso epoche diverse, ma allora quella del poeta fu una vera illuminazione.
Il poeta applicò allo scivolamento della sabbia nella clessidra la bizzarra equazione di campo con cui Albert Einstein nel 1915 aveva legato fra loro, in modo del tutto inusitato, geometria dello spazio-tempo, velocità della luce e forza gravitazionale.
La cosiddetta "relatività generale" di Einstein adesso si studia in prima elementare, ma allora solo i più grandi studiosi di fisica erano a malapena capaci di decifrare quell'equazione di campo con cui si trattava per la prima volta lo spazio-tempo come un foglio di gomma: una superficie morbida che viene curvata dalle masse che vi sono appoggiate.
Nel risolvere l'equazione di campo di Einstein, il poeta rielaborò nel corso di una sola notte quel complesso (per l'epoca) sistema di dieci equazioni differenziali parziali. Nel suo Journal intime il poeta racconta poi come riuscì mediante un braccetto meccanico e una manovella, collegati a un generatore alimentato da un motore a scoppio, a far confluire e defluire la sabbia da un'ampolla di vetro all'altra della clessidra in maniera sempre più veloce, fino a ottenere un ritmo frenetico, quasi vorticoso del trasferimento della materia. La sabbia in tal modo "viaggiando" anche a una velocità che oggi ci appare del tutto risibile riusciva tuttavia a curvare egualmente lo spazio-tempo lasciando un'impronta sia pur minima nella superficie morbida ottenuta.
Il poeta intuì quella notte che sarebbe bastato poco per creare una crepa nella crosta temporale. Una fenditura, un'incrinatura appena. Ma sufficiente per fare un salto in avanti o indietro di tre o quattro anni. Un "voyage dans le temps" di dimensioni ridotte, ma pur sempre un viaggio nel tempo. Altro del suo esperimento non sappiamo. Il suo Diario finisce il 29 marzo 1916, data in cui le sue annotazioni s'interrompono bruscamente. Nell'ultima frase il poeta esprimeva la ferma volontà di provare in prima persona a infilarsi nel varco temporale.
Non si ebbero più notizie di lui.
Caricamento commenti
Commenta la notizia