La sopportazione delle conseguenze è una catastrofica esigenza dell'io. La resistenza che la natura impone all'arbitrio apre le fauci della putredine. Solo così ciò che uno pensa si assoggetta al niente. Una sorta di irresponsabile produzione di velleità. Ben occultati risultati di una carneficina di gesti. Come se, nella viscerale predilezione per gli attimi perduti, palpitasse l'ombra di un ragionamento. No, non è il cervello che può cambiare il destino di una disperazione. Prima di rovinare nel caos dell'interruzione, i passi insulsi della mente straziano ciò che rimane dell'attesa.