“La brevità è l’anima stessa della saggezza” suggerisce William Shakespeare. O, come dicevano i latini, “intelligenti pauca” (ovvero, a buon intenditor poche parole). E la sinteticità è certamente la caratteristica più peculiare di Twitter con il suo limite “smisurato” di 140 caratteri. Il social network fondato da Jack Dorsey ha fatto la sua fortuna non solo per la capacità di diffondere le notizie alla “velocità della luce” ma soprattutto grazie al suo incessante carosello di battute salaci, geniali perifrasi, giudizi taglienti o, semplicemente, gaffe da beffeggiare.
Cosa avverrebbe se, come si vocifera da tempo, i “cinguetii” si trasformassero in ridondanti fraseggi e “sproloqui” permettendo di oltrepassare il confine della “elitaria” concisione finora imposta? Per chi ama Twitter così com’è, questa scelta equivarrebbe a una assoluta imitazione di Facebook, ovvero una resa incondizionata nei confronti del principale antagonista. E la storia dell’ultimo decennio (come accaduto con Google tra i motori di ricerca) ha mostrato che non c’è posto per due galli “uguali” nello stesso “pollaio digitale”. Solo la differenza… fa la differenza.
La chat del canarino blu, per tentare finalmente di convincere Wall Street, perderebbe la sua essenza inseguendo i successi commerciali della più “popolare” compagnia di Zuckerberg.
Ma niente paura, cari twittomani! Dopo la solita sequela di annunci e smentite, martedì scorso dalla società di San Francisco è arrivato l’annuncio (e il chiarimento) tanto atteso: cambia tutto, anzi no… La nuova strategia, ancora una volta fraintesa da molti a causa dell’ambiguità dei titoli di alcuni media, non prevede lo sforamento dei 140 caratteri. Tra qualche mese nei tweet, infatti, il testo avrà uno spazio più ampio grazie a un semplice quanto efficace stratagemma: non saranno più calcolati nel conteggio dei caratteri le foto, i video e il nome utente.
Basterà questo a risollevare le sorti del social network? #stiamoavedere