Il tribunale di Messina ha condannato a pene comprese tra 2 e 25 anni 18 dei 22 imputati del processo denominato Totem che vedeva imputati boss e gregari mafiosi del clan mafioso del rione Giostra. La pena più alta, 25 anni, è stata inflitta al boss Luigi Tibia.
L'inchiesta, coordinata dalla Dda guidata da Maurizio de Lucia, ha svelato la gestione di imprese confiscate alla mafia, il controllo delle scommesse clandestine e l'investimento nell'acquisto di locali, pizzerie e discoteche da parte della cosca.
Luigi Tibia, nipote del boss Luigi Galli, aveva ottenuto per la stagione estiva 2014 la gestione del lido-piscina del complesso turistico "Giardino delle Palme" grazie, sostiene l'accusa, all'appoggio del commissario liquidatore della società Pietro Gugliotta, ex vicepresidente del Messina Calcio condannato a 16 anni e 2 mesi.
Secondo la procura il clan avrebbe gestito discoteche e lidi attraverso prestanomi e puntato su imprese per giochi online, raccogliendo le puntate e pagando le vincite attraverso server con sedi all'estero. Gli introiti venivano poi reinvestiti nell'acquisto di videopoker, illegali.
Acquistati anche ristoranti, pub e pizzerie gestite da Maddalena Cuscinà, moglie del boss Luigi Tibia, condannata a 3 anni e 6 mesi. Un altro imprenditore, Carlo Smiraglia, che ha avuto 19 anni, avrebbe messo a disposizione del clan di Giostra le sue risorse economiche, assumendo personale segnalato dalla cosca e finanziando le scommesse delle corse clandestine di cavalli. Sono stati assolti Pietro e Natale Squadrito, e i due Natale Rigano, omonimi.
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