Entusiasmo dei fan, applausi al passaggio dei cast, file nei pochi luoghi di ristoro, telefonini imbustati agli accreditati per l’antipirateria, code per ingresso in sala: l’immagine della Mostra del cinema di Venezia, se non fosse per le mascherine, restituisce un entusiasmo grande, da far credere veramente che da qui parta la rinascita per il cinema. Del resto la terza giornata (come il weekend) di Venezia 78 ha tutte le attrattive del caso: due dei film più attesi oltre a tutto il resto del programma, con red carpet degni delle migliori annate. Esaurite, praticamente non prenotabili a meno di tanta pazienza, le proiezioni di Dune di Dennis Villeneuve, fuori concorso. E alla proiezione ufficiale in sala Grande è stato un boato quando si è visto arrivare sul tappeto rosso Timothèe Chalamet e poi ancora Zendaya, Oscar Isaac, Josh Brolin. Poco prima per Spencer di Pablo Larrain, in gara per il Leone d’oro, Kristen Stewart, a precedere Olivia Colman e Dakota Johnson per The Lost Daughter, esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, in concorso. Per Dune, in prima mondiale, l’attesa era spasmodica: dai fan della fantascienza, dagli ammiratori del cinema di Villeneuve (Arrival, Blade Runner 2049) e ovviamente dai fan di quel talento giovane ma già carismatico di Chalamet per il quale si è infiammato il Lido con urla adolescenti che davvero rincuorano (se andassero a vederlo in massa al cinema il 16 settembre gli esercenti crederebbero nei miracoli). Tratto dal romanzo di Frank Herbert dei primi anni '60, Dune è molto di più di un filmone di fantascienza dal budget pare di capire illimitato: c'è potere, tradimento, lealtà ma anche politica e religione, strascichi del colonialismo, attese messianiche, fanatismi talebani e l’ossessione per la salvaguardia del pianeta, praticamente fatti salvi gli effettoni speciali strabilianti, mondi lontani (in realtà la Giordania e l’Ungheria, set del kolossal) , un film di attualità. Chalamet ("è il film della vita», ha detto l’attore 25enne nomination all’Oscar per Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino ormai lanciatissimo, quasi un nuovo Di Caprio) è Paul, l’eletto, un predestinato. L'azione si svolge in un futuro lontano quando il Duca Leto Atreides (Oscar Isaac), padre di Paul, va a governare il pianeta Arrakis, ossia Dune, dove si raccoglie quella che chiamano la spezia, una droga che conferisce poteri di resistenza e dominio. Il pianeta è abitato da una civiltà indigena, i Fremen, abituati ad essere dominati ma che coltivano la speranza di un riscatto. In concorso applausi per Spencer di Pablo Larrain (uscirà in sala con 01) in cui l’ex ragazzina di Twilight ora adulta di talento Kristen Stewart letteralmente si trasforma, il broncio sul viso, la piega ai lati dei capelli imitata da migliaia di donne, lo sguardo triste nella principessa del Galles. Una favola tratta da una tragedia vera, avverte il regista, «una favola senza il lieto fine che tutti si aspettavano. E forse è questo il motivo che più attrae nella sua vicenda». Nel film, che alterna stravaganze poetiche a scene persino thriller, la Stewart indossa alcuni degli abiti che sono nell’immaginario popolare legati a Diana ma la sua missione era un’altra a parte rievocarne la somiglianza. «Diana icona famosa, giovane bellissima ma soprattutto persona capace di stabilire, pure in una situazione così privilegiata, un contatto con le persone, un’empatia immediata, che la faceva scendere in terra, nell’ordinary people», spiega Larrain. «Un compito non facile ma certo intrigante: quello di trasmettere sullo schermo magnetismo, mistero, energia, ma anche la grande solitudine. Era di una generosità rara, con un grande fuoco dentro ma completamente sola e disperata e questo era quello che dovevo interpretare», racconta Kristen Stewart calata nella parte. Il film si concentra nel weekend in cui Diana sofferente, fragile, decise di riprendersi la vita: era il Natale del 1991 trascorso con la famiglia reale nel castello di Sandrigham nel Norfolk. Dopo la serie tv The Crown ora anche Spencer mette in cattiva luce la famiglia reale, raccontata come un’organizzazione praticamente militare, senza alcuna libertà, «un campo di mine" e salvando solo William e Harry bimbi amatissimi. In gara per il Leone d’oro nella terza giornata anche The last daughter, esordio alla regia di Maggie Gyllenhaal, tratto da un romanzo di Elena Ferrante e con Olivia Colman protagonista nel ruolo di "una madre snaturata» che non regge il peso della responsabilità delle due (lagnosissime in realtà) figlie da crescere mentre la carriera di letterata dovrebbe prendere il volo.
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