E' morto all'età di 88 anni l'attore francese Jean-Paul Belmondo. Lo si è appreso dai suoi più stretti collaboratori.
Il brutto più affascinante del cinema francese, prima di essere catapultato al successo da Fino all'ultimo respiro (À bout de souffle, 1960) di Godard, aveva già interpretato Charlotte et son Jules (1958), un cortometraggio sempre di Godard, e A doppia mandata (1959) di Chabrol.
Per il resto, l'attore era apparso in film di scarso rilievo, tra i quali si può forse includere anche Asfalto che scotta (1960), di Claude Sautet. In Fino all'ultimo respiro nasce l'immagine divistica di Belmondo: personaggio scanzonato, malvivente dilettante, simpaticamente truffatore. Da operaio a studente, da contadino a sacerdote introverso, Belmondo si dimostrò un attore di straordinaria versatilità.
In Cartouche (1962) di Phllippe de Broca interpretò una sorta di Robin Hood alla francese, e con lo stesso regista bissò, e anzi superò questo successo col magnifico film avventuroso-satirico L'uomo di Rio (1963). Pur essendo scettico nei confronti del cinema impegnato, Belmondo accettò ugualmente di lavorare con registi difficili che lo avevano visto nascere cinematograficamente: interpretò Il bandito delle 11 di Godard, Il ladro di Parigi (1967) di Malle, La mia droga si chiama Julie (1969) di Truffaut, Trappola per un lupo (1972) di Chabrol e Stavisky (1974) di Resnais. La ciociara (1960) - con Sophia Loren - La donna è donna (1961), Cartouche (1961), Lo spione (1962), Caccia al maschio (1964), Il ladro di Parigi (1966), La mia droga si chiama Julie di François Truffaut (1969), Borsalino (1970), Il clan dei marsigliesi (1972) e L'incorreggibile (1975) sono tutte pellicole che gli procurarono grande popolarità fra il pubblico e riconoscimenti importanti dalle autorità, come il Cèsar per Una vita non basta (1988) e la Legion d'Onore. Tra i suoi ultimi lavori Amazzonia (2000), la storia di un francese che invecchia e decide di ritirarsi dove è più fitta la foresta amazzonica.
La scheda
Il brutto più affascinante del cinema francese, prima di essere catapultato al successo da Fino all'ultimo respiro (À bout de souffle, 1960) di Godard, aveva già interpretato Charlotte et son Jules (1958), un cortometraggio sempre di Godard, e A doppia mandata (1959) di Chabrol. Per il resto, l'attore era apparso in film di scarso rilievo, tra i quali si può forse includere anche Asfalto che scotta (1960), di Claude Sautet. In Fino all'ultimo respiro nasce l'immagine divistica di Belmondo: personaggio scanzonato, malvivente dilettante, simpaticamente truffatore. Da operaio a studente, da contadino a sacerdote introverso, Belmondo si dimostrò un attore di straordinaria versatilità. In Cartouche (1962) di Phllippe de Broca interpretò una sorta di Robin Hood alla francese, e con lo stesso regista bissò, e anzi superò questo successo col magnifico film avventuroso-satirico L'uomo di Rio (1963). Pur essendo scettico nei confronti del cinema impegnato, Belmondo accettò ugualmente di lavorare con registi difficili che lo avevano visto nascere cinematograficamente: interpretò Il bandito delle 11 di Godard, Il ladro di Parigi (1967) di Malle, La mia droga si chiama Julie (1969) di Truffaut, Trappola per un lupo (1972) di Chabrol e Stavisky (1974) di Resnais. La ciociara (1960) - con Sophia Loren - La donna è donna (1961), Cartouche (1961), Lo spione (1962), Caccia al maschio (1964), Il ladro di Parigi (1966), La mia droga si chiama Julie di François Truffaut (1969), Borsalino (1970), Il clan dei marsigliesi (1972) e L'incorreggibile (1975) sono tutte pellicole che gli procurarono grande popolarità fra il pubblico e riconoscimenti importanti dalle autorità, come il Cèsar per Una vita non basta (1988) e la Legion d'Onore. Tra i suoi ultimi lavori Amazzonia (2000), la storia di un francese che invecchia e decide di ritirarsi dove è più fitta la foresta amazzonica.
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