Tanta Calabria nelle immagini del cinema italiano e quindi tanta Calabria anche ai David di Donatello, prima con le nomination e poi con i premi. Ma anche tanta Calabria nella sala di Cinecittà con un pezzo di famiglia Rotolo (diventati tutti attori grazie al regista Jonas Carpignano) a far festa nel momento in cui è stato annunciato il premio a Swamy, appena diciassettenne, giudicata migliore attrice protagonista (e concorreva con Miriam Leone, Aurora Giovinazzo, Rosa Palasciano e Maria Nazionale).
Festa così grande da aver ritardato l’approdo al palco della protagonista di “A Chiara”. Che poi, emozionata, ha ringraziato la sua famiglia e quell’“altra”, quella del cinema.
Credo che la capacità di esprimere i sentimenti, la generosità nel rapporto con gli altri, la gioia di realizzare cose belle in una terra martoriata da tanti problemi sociali siano tutti elementi che rendono questa regione altamente cinematografica, insieme con le incredibili bellezze naturali e artistiche, con la possibilità di spaziare dal Pollino all’Aspromonte, dallo Jonio al Tirreno, senza farsi mancare la Fata Morgana dello Stretto di Messina.
E queste qualità umane hanno sicuramente contribuito a far sì che il regista italoamericano Carpignano, cresciuto tra New York e Roma, stabilisse la sua residenza a Gioia Tauro. La sua vocazione, neorealista dallo stile contemporaneo, lo ha portato a girare tre film sui grandi temi sociali della zona: l’immigrazione, trattata in “Mediterranea”, l’etnia rom presente sul territorio in “A Ciambra” (David di Donatello 2018 per la migliore regia) e adesso la ‘ndrangheta, al centro delle vicende di “A Chiara” (che attualmente è disponibile su Sky Primafila, ma sarà messo in onda il 17 maggio alle 21.15 su Sky Cinema Due). Lui in Calabria non ha trovato solo argomenti e scenari per i suoi film, ma anche – o forse soprattutto – accoglienza, comprensione, calore umano, amicizia vera.
E queste sono state anche fra le ragioni della lunga permanenza sul territorio silano della troupe di “Freaks Out”, il film di Gabriele Mainetti, che si è permesso di prendere sei statuette (Produzione e premi tecnici), una in più della corazzata di Paolo Sorrentino, “È stata la mano di Dio”. Il film (che ha avuto, per la parte “calabrese”, il sostegno della Calabria Film Commission ai tempi della gestione Citrigno, mentre purtroppo “A Chiara” è stato escluso per problemi burocratici) prevedeva tre settimane di lavorazione a Camigliatello Silano e dintorni.
Invece sono diventati quasi tre mesi, grazie alla piena collaborazione con le maestranze locali e con le Ferrovie dello Stato di Cosenza, che hanno messo a disposizione lo storico treno a vapore: è tornato ad attraversare i monti, partendo dalla stazione di Camigliatello, che, a 1400 metri d’altezza, è considerata la più alta stazione a scartamento ridotto d’Europa. I vagoni, datati 1932, sono diventati un’immagine fantastica per questo particolarissimo film (che ha vinto anche il David per la migliore scenografia). E occorre aggiungere anche l’interpretazione del cosentino Max Mazzotta che, nei panni d’uno straordinario partigiano gobbo, anche lui “freak” a capo d’una singolare pattuglia di appassionati resistenti, si esprime in un immaginifico dialetto calabrese. “Freaks Out” sarà trasmesso su Sky Cinema Due domenica alle 18.30, ed è già disponibile on demand.
Non è stato premiato, ma aveva due meritatissime nomination “Una femmina”, film d’esordio di Francesco Costabile, anch’egli cosentino. La storia che, come “A Chiara” racconta la ribellione dall’interno delle donne di famiglie ’ndranghetiste, è stata girata a Verbicaro, la cui struttura urbanistica ricorda al regista le incisioni di Escher: ancora un altro modo di vedere la Calabria, straordinario set per il cinema italiano.
Una via importante per veicolare valori e paesaggi, per dare un’immagine onesta e complessa di una regione troppo spesso vittima di semplificazioni. Al di là dell’occasione dei David, sono molti altri i film che in questi ultimi anni hanno confermato una tendenza che merita di essere assecondata ancora di più per sfruttare, nel senso migliore del termine, il messaggio positivo per una terra a grande vocazione turistica e, di conseguenza, tutto il ritorno economico che comporta.
A questo punto sta alla politica dimostrare capacità adeguata.
Caricamento commenti