Venerdì 15 Novembre 2024

Gup: Gaia e Camilla travolte sulle strisce pedonali dall'auto di Pietro Genovese

 
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Gaia e Camilla, la tragica notte del 21 dicembre del 2019 a Roma, non avevano fatto nessun azzardo: stavano attraversando sulle strisce, dopo che il semaforo pedonale era diventato verde. Un comportamento irreprensibile che però non è bastato a salvare dalla morte, dal violento impatto con l’auto guidata da Pietro Genovese che le ha centrate uccidendole sul colpo. Per il gup di Roma Gaspare Sturzo, che ha condannato il 19 dicembre scorso il ventenne a 8 anni di carcere per omicidio stradale plurimo «è assai elevato il grado di colpa dell’imputato, sotto il profilo del quantum di evitabilità dell’evento, essendo l’incidente frutto anche di una negligente scelta di mettersi alla guida dopo aver fatto uso di alcol, pur sapendo che era obbligato a non bere qualora avesse voluto condurre un’auto, secondo la sua età e per il tempo in cui aveva preso la patente». In 197 pagine di motivazioni il giudice ricostruisce l’intera vicenda delle due 16enni romane affermando che Genovese le ha investite mentre le due erano «sulle strisce pedonali, nel tratto della terza corsia di sinistra di corso Francia, dopo che queste avevano iniziato l’attraversamento con il verde pedonale ma si erano fermate per aver notato alla loro sinistra provenire dal precedente semaforo ad alta velocità tre auto impegnate, di fatto in una gara di sorpassi, che non accennavano a rallentare». L’imputato ha «effettuato una serie di sorpassi utilizzando al contempo un cellulare con cui mandava messaggi; superando il limite di velocità in ora notturna; iniziando un ultimo sorpasso di un’auto che aveva cominciato a frenare e, poi, si era fermata». Genovese non ha attivato «i dovuti doveri di diligenza, nell’avvicinarsi ad un incrocio, notoriamente attraversato da diversi utenti, soprattutto a piedi, ben noto per il pericolo di improvvisi attraversamenti tra gli esercizi commerciali e le abitazioni collocate ai due lati della duplice carreggiata» e «senza verificare il motivo della frenata e dell’arresto dell’auto che lo precedeva, in relazione all’incrocio incriminato, soprattutto quanto alla possibile presenza di altri utenti della strada davanti all’auto che stava sorpassando». Per il giudice Sturzo, l’imputato «è un soggetto capace di intendere e di volere al momento del fatto. Innanzi a questo giudice ha reso dichiarazioni spontanee che hanno mostrato la sua capacità al momento del fatto e quella di comprendere perfettamente la gravità dei fatti e che per questi era sottoposto ad un giudizio penale». E ancora: «è vero, che nonostante gli arresti domiciliari aveva ricevuto alcuni amici e ascoltato, probabilmente ad alto volume, della musica, infastidendo qualche vicino, ma - prosegue il giudice - anche questo elemento assieme agli altri sopra annotati deve essere inquadrato in un complesso di immaturità dell’imputato, dovuta alla giovane età e al tentativo di sbandierare una goliardia, qualche istinto di bullo, per nascondere le sue insicurezze e qualche eccesso di solitudine». Per i legali delle ragazze «la motivazione della sentenza è una conferma netta della piena regolarità di condotta di Gaia e Camilla, così sgombrando definitivamente il campo da fantasiose ipotesi di attraversamento «azzardato» che, in alcuni casi, null'altro hanno costituito che gratuiti e ingiustificati attacchi alla memoria delle due povere ragazze, inizialmente incluse, addirittura, in un inventato gioco di attraversamento con il semaforo rosso che non ha avuto il benché minimo riscontro processuale».

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