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Messina, il viale della... Libertà riconquistata. Le foto che emozionano

La demolizione dell’edificio che ospitava il Teatro in Fiera ha fatto riscoprire ai messinesi cosa significa non avere cesure tra la città e il mare. L’appalto prevede la ricostruzione: ma siamo certi che non si possa tornare indietro?

Se si facesse oggi un referendum popolare, crediamo di non sbagliare nel calcolare una percentuale vicina al 99,9% di coloro che si pronuncerebbero per la non ricostruzione di alcun edificio in luogo del demolito Teatro in Fiera. La nostra redazione è stata tempestata da telefonate di cittadini che, strabuzzando gli occhi, passando da viale della Libertà, ci hanno quasi implorato di far sapere a chi di dovere (in questo caso, l’Autorità di sistema portuale, titolare delle aree e dell’appalto in corso) che i messinesi non vogliono più cesure con lo Stretto.
È emozionante, in effetti, raggiungere con lo sguardo il pianeta azzurro in quel punto dove da decenni sorgeva uno degli edifici che più hanno simboleggiato l’autolesionismo di una città che ha voltato le spalle al proprio mare. Al di là della qualità o meno dell’edificio, che rifletteva le tendenze architettoniche degli anni Sessanta-Settanta e che ha avuto anche una funzione rilevante, visto che per lungo tempo quello in Fiera è stato l’unico, o quasi, teatro in città, è indubbio che quella barriera è stata il nostro piccolo “muro di Berlino”. E ora che non c’è più, ora che di quell’immobile rimangono solo le macerie, ci si accorge che la cittadella fieristica e la Passeggiata a mare sono un “continuum” di straordinaria bellezza, si respira come se si fosse usciti da una caverna e si benedisse la luce del sole.
Lo sappiamo benissimo, per averlo scritto mille volte: l’appalto che ha consentito la demolizione prevede anche la ricostruzione. E la richiesta di bloccare tutto è sicuramente fuori tempo massimo. Però, se si ragionasse anche solo un attimo a bocce ferme, si potrebbero valutare costi e benefici di una scelta, quantificando la spesa di eventuali penali da pagare alle imprese e i vantaggi (quelli sì, incomparabili) per la città e per il suo waterfront.
Ma cosa prevede ora il progetto, redatto da valenti professionisti messinesi quali gli architetti Antonio Marino e Marco Mannino, e appaltato, per un importo di quasi 7 milioni e mezzo di euro, all’associazione temporanea costiuita dal Consorzio stabile progettisti costruttori di Maletto e dalla Beico Srl di Catania?
Il nuovo edificio avrà una lunghezza di 80 metri, 10 di larghezza e 7 di altezza. Sarà la sede dell’Autorità di sistema (palazzina degli uffici) ma anche un Centro congressi con un’ampia sala che potrà a essere adibita a conferenze, convegni, concerti e spettacoli teatrali. Rispetto all’immobile demolito, ci sarebbe un netto arretramento della cubatura (pari a 2,50 metri), con conseguente ampliamento del marciapiede e distanziamento dalla linea tranviaria. I progettisti hanno voluto mantenere alcune soluzioni che richiamano l’archittetura razionalista che ha permeato di sé il quartiere fieristico, con i padiglioni firmati dai più famosi progettisti italiani dei primi decenni del Novecento, e poi del Dopoguerra, da Adalberto Libera, a Mario De Renzi, da Filippo Rovigo a Vincenzo Pantano. L’ingresso al “nuovo teatro” (la sala, di 30×12 metri, si sviluppa al piano terra con una platea di 300 posti e al primo piano con 14 palchi, ognuno con 5 poltroncine), è caratterizzato da un alto porticato che, nelle intenzioni, dovrebbe conferire un forte valore simbolico all’intera opera. E il fronte est, verso il mare, è caratterizzato da una lunga parete vetrata mentre quello verso ovest, che si affaccia sul viale della Libertà, è caratterizzato al piano terra da una parete chiusa e, nei due piani superiori, da una parete continua con “brise-soleil” «interrotta da un’ampia parete vetrata posta, in corrispondenza della grande hall interna, per creare un effetto di trasparenza tra la città e il nuovo edificio».
È un progetto che ha vinto un concorso, è un’opera di architettura contemporanea che si sostituisce a un vecchio pezzo della Messina di tardo Novecento. Difficile, se non impossibile, tornare indietro. Ma ora che i messinesi hanno toccato con mano e hanno visto cosa significa riconquistare un così prezioso spazio tra città e mare, come convincerli che un’altra “barriera” sarà meglio della... libertà?

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