Un legame strettissimo, quello tra il Gemelli e i Papi. Non si tratta solo degli 11 ricoveri di Giovanni Paolo II, che ne hanno scandito il pontificato, ma di un rapporto che ha fatto con il tempo e nella stessa intuizione originaria una vera e propria estensione del Vaticano.
Tanto che proprio Wojtyla, che dalle sue finestre si affacciava per l’Angelus quando le condizioni del ricovero glielo permettevano, lo definì «il Vaticano numero 3». Definizione efficace che stava ad indicare la sua poco felice consuetudine con quelle stanze, ma anche il fatto che per l’appunto la Santa Sede ha con questo policlinico posto all’estremo lembo del quartiere aurelio di Roma un particolare rapporto.
Paolo VI si recò in visita nel 1976, il 17 giugno, per la celebrazione di una messa sul piazzale antistante l’ingresso. Quella che lui stesso definì «una cittadella di studi e di scienza» stava divenendo una realtà imponente della sanità romana e non solo.
Due anni dopo la visita ufficiale di Giovanni Paolo II e, logicamente, fu un teatralissimo bagno di folla rispetto alle forme discrete e dimesse della visita di Montini. Lui che arriva sull'auto scoperchiata benedicendo la folla che acclama. Sarebbe tornato, senza considerare i ricoveri, il 9 novembre 2000, ed avrebbe trovato ad accoglierlo Camillo Ruini e, ancora una volta, Emilio Colombo.
Infine Benedetto XVI, ad inaugurare l’anno accademico. Era il 2005: anche lui appena diventato il Papa era andato in visita al Gemelli.
«Il primo Vaticano è San Pietro», disse Giovanni Paolo II dalla finestra della sua stanza il 13 ottobre del 1996, «il secondo è Castelgandolfo, il terzo ormai questo policlinico». Come si può vedere, il Gemelli aveva scalzato nella gerarchia delle sedi papali lo stesso Laterano, dove il Papa ha la sua cattedra di vescovo di Roma e dove risiedette per i secoli del Medioevo, fino almeno alla Cattività Avignonese. Ad inaugurare il Gemelli, del resto, era stato un Papa: Giovanni XXIII, il 5 novembre del 1961. Le immagini ce lo restituiscono che parla in latino nell’elogiare la nuova facoltà di medicina e chirurgia auspicando che «si accresca e fiorisca». Nelle file dei presenti spiccava un giovane Emilio Colombo.
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