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Parigi, commosso addio al clochard calabrese Giuseppe Belvedere: "L'angelo dei Piccioni" FOTO

«Buon volo, caro Giuseppe, goditi il cielo assieme ai tuoi uccellini": commossa cerimonia a Parigi per Giuseppe Belvedere, il clochard italiano (calabrese, originario di Siderno in provincia di Reggio Calabria) amico dei piccioni - per tutti «Monsieur Pigeon» - scomparso a metà gennaio all’età di 76 anni, solo nel vecchio furgone che era diventata da anni la sua casa nel cuore della capitale.

Famigliari, amici, ma anche tanti comuni cittadini hanno partecipato questa mattina ai funerali del cosiddetto "Angelo dei Piccioni", nella chiesa di Saint-Merry, sui gradini della quale lui amava andare a sedersi ogni tanto. Oggi la sua salma è arrivata nell’antica chiesa nel cuore di Parigi accompagnata dai suoi cari, nella spoglia semplicità di un feretro in legno con disegnata una colomba della pace. Per incontrare Belvedere bastava aggirarsi nel centralissimo quartiere di Beaubourg o nella piazza del Centre-Pompidou, il celebre Museo d’Arte Moderna e Contemporanea progettato da un altro italiano, Renzo Piano. «Per me quella piazza non sarà più la piazza Georges-Pompidou ma la piazza Giuseppe Belvedere», ha scritto Marie-Simone, rendendo omaggio ad «un umanista, un poeta, un uomo libero che ha pagato molto caro il prezzo della sua sua libertà. La libertà di vivere come voleva, con suoi piccioni».

Uno dei tanti messaggi letti in chiesa per ricordare questo esempio '"d’amore» e di «coraggio». Nel centro di Parigi l’italiano dalla folta barba lo conoscevano quasi tutti, la sua sagoma era familiare ai parigini. A chi lo amava e ne seguiva le peripezie e a chi lo detestava sostenendo che attirava sporcizia ed era contrario ad ogni decoro. Ciò che lo rendeva riconoscibile a centinaia di metri di distanza era il nugolo di piccioni che lo seguiva, lo attorniava, lo precedeva e lo inseguiva. Lui li prendeva, li curava quando uno di loro aveva una zampa ferita o non riusciva
più a volare. Film e documentari sulla sua vita in parte misteriosa sono stati pubblicati in questi anni, diffusi su tv e social. Un’associazione, «Gli amici di Giuseppe», era alla base di tutto, comprese le petizioni in favore dell’uomo, un calabrese finito in rovina dopo una carriera di commercialista a Parigi. Durante la cerimonia, sono stati letti testi di San Francesco d’Assisi ma anche raggelanti verbali di polizia che raccontano delle botte inferte a Giuseppe da chi non condivideva quel suo amore per i piccioni. «Attraverso la sua vita - ha scritto in un messaggio uno dei figli, Fabien - Giuseppe ci ha insegnato a rallentare, per vivere ogni momento più intensamente». Mentre il parroco ha reso omaggio a quell'uomo dall’accento italiano, che con «forza» e «coraggio"; nonostante le difficoltà della vita, «ha saputo aprire nuovi sentieri di fraternità».

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