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Le storie di Alicia, Mirco, Alberico: i miracolati della Marmolada. I racconti

Una strada diversa per scendere dalla cima. Oppure un giorno differente per l’ascesa, perché non c'era posto da dormire. Sono tanti gli episodi legati al fatalismo che oggi fanno dire a chi è scampato al disastro in Marmolada: «Sono un miracolato». «Sono incredula. Io ero lì. Mi sento molto, molto fortunata: tempi diversi, scelte diverse avrebbero sicuramente prodotto esiti diversi. In montagna ci vuole sempre un po' di fatalismo, perché puoi valutare i rischi ma alcune cose sono imponderabili». A parlare è Alicia Chiodi, appassionata di montagna ed escursionista, che domenica 3 luglio ha percorso la via normale della Marmolada arrivando in vetta attorno alle 11.30. «Ho attaccato la normale verso le 8.30 - racconta - e siamo saliti, c'erano un sacco di persone, forse un centinaio, anche un bambino sui 12 anni, e alcune sul sentiero attrezzato che sale sulla Spalla dell’Asino e probabilmente sono quelle rimaste sotto».

Raggiunta le vetta, fatte le foto, seduta a chiacchierare con gli altri compagni di cordata «abbiamo sentito questo rumore che non siamo riusciti a riconoscere - prosegue Alicia - Non ci siamo resi conto di quello che stava succedendo perché era dal primo mattino che si sentivano elicotteri». Poi la scelta che le ha cambiato il destino. Nella discesa la ragazza ha preferito la ferrata anziché ritornare lungo la normale. E all’uscita dalla via attrezzata c'è stata la scoperta: «Scesi dalla ferrata - racconta - siamo arrivati sul ghiaione e siamo passati sopra i detriti. Lì abbiamo capito, guardando in su. Abbiamo visto questa voragine azzurra sulla cima. Massi di ghiaccio anche da 60-70 centimetri di diametro più o meno alla quota del rifugio Ghiacciaio, a 2.700 metri di altitudine».

Lì c'era anche Mirco Zanin, che sui social racconta come è scampato al crollo del seracco: «Abbiamo visto la scena dalla cima, non ci sono parole». E c'erano un escursionista e la sua fidanzata, sfiorati dalla valanga. «Ci siamo abbracciati forte e siamo rimasti accucciati mentre la massa di ghiaccio ci passava davanti», raccontano. Qualcuno l’ha invece scampata perché aveva anticipato, senza intenzionalità, l’escursione di 24 ore. E’ il caso di Alberico Cocco, 57enne vicentino, uno dei direttori di escursione del Cai di Malo. «Io e altri 5 compagni - spiega - possiamo effettivamente definirci «miracolati», dato che la zona in cui è avvenuto il distacco l’abbiamo attraversata nella giornata di sabato. Tutto per caso: avevamo trovato posto per dormire solamente nella notte tra venerdì e sabato, in un altro rifugio. Sulla Marmolada è già tutto prenotato da mesi sino alla fine dell’estate». Cocco è della sezione Cai di cui facevano parte altri vicentini che risultano dispersi, tra i quali Filippo Bari, il ragazzo di 27 anni che ieri sulla Marmolada si era fatto un selfie, finito poi su tutti i social. «Avevo sentito telefonicamente Filippo nella giornata di venerdì - spiega l'uomo -, solo un contatto veloce al cellulare: a lui avevo detto della nostra gita il sabato, lui mi aveva informato che sarebbero saliti domenica, ma senza precisare in quanti fossero" "Frequento la Marmolada da metà degli Anni Settanta, e non l’ho mai vista in condizioni così disastrose, a causa del caldo. Mai mi era successo di salire il ghiacciaio in maniche corte». «Si sentiva qualcosa muoversi sotto - continua Cocco -, ogni tanto c'era qualche piccolo distacco. Salendo abbiamo notato dei crepacci aperti. Alla sera, tornando a casa in macchina, ci siamo detti che effettivamente avevamo vissuto una situazione rischiosa». Un alpinista ha anche rinunciato a salire in vetta: "Il ghiaccio era pessimo - racconta - troppo rischioso».

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