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Alika schiacciato e soffocato da Filippo Ferlazzo, l'autopsia fa luce sull'atroce omicidio

Schiacciato dalla furia e dal corpo di Filippo Ferlazzo. Un peso e una violenza che avrebbero causato il soffocamento di Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano ucciso venerdì scorso a Civitanova Marche dall’operaio 32enne ora in carcere. Sono le prime risultanze dell’autopsia, durata circa sei ore, effettuata oggi all’ospedale di Civitanova Alta (Macerata) sul corpo dell’ambulante nigeriano: secondo i primi dati infatti le cause della morte di Akila sarebbero compatibili con lo schiacciamento del corpo, da cui sarebbe probabilmente scaturito anche un soffocamento. Non è ancora chiaro - sono stati eseguiti prelievi per ulteriori indagini - se lo schiacciamento abbia causato traumi e il collasso degli organi vitali, primi fra tutti i polmoni, decisivo per il decesso.

Ma in attesa che gli esami autoptici forniscano le risposte definitive sulle cause della morte del 39enne, aggredito e ucciso in strada a colpi di stampella e poi a mani nude dopo aver chiesto insistentemente l’elemosina, dagli altri accertamenti compiuti inizia a definirsi la sequenza di quell'aggressione avvenuta il 29 luglio: 49 minuti potrebbero fare la differenza sull'omicidio di Alika. L’arrestato, ora detenuto nel carcere di Montacuto (Ancona) per omicidio volontario e rapina, ieri ha riferito al gip durante l’udienza di convalida che «Alika era vivo quando sono andato via, respirava». Nell’ordinanza per la misura cautelare si rileva che i due agenti delle Volanti del Commissariato di polizia, hanno bloccato Ferlazzo alle 14:11; i medici hanno riscontrato il decesso alle 15.

L’aggressione, stando alle immagini in possesso alla polizia (quelle riprese dal sistema di pubblica sicurezza lungo corso Umberto I) è durata al massimo quattro minuti. E dal momento in cui l’omicida è stato bloccato a quello in cui il cuore del nigeriano ha smesso di battere sono passati 49 minuti. Se i riscontri dell’autopsia dovessero confermare questo lasso di tempo, ciò potrebbe anche incidere sulle valutazioni della Procura. Per ora poco filtra dei responsi autoptici sui quali il pm Claudio Rastrelli ha chiesto il più stretto riserbo. Dopo la conclusione dell’autopsia, il medico legale Ilaria De Vitis ha passato la palla alla Procura per le comunicazioni, riferendo solo di aver proceduto a fare diversi prelievi. Riserbo anche dal consulente di parte nominato dalla famiglia di Alika, Francesca Tombesi, che comunque ha osservato: chiarita la causa della morte, senza fornire altri particolari.

La famiglia attende il nullaosta per poter pensare all’ultimo addio al loro congiunto. La moglie di Alika, Charity Oriachi, deciderà se far celebrare i funerali in Nigeria o in Italia. Prima dell’autopsia , la tragica incombenza del riconoscimento del corpo parte della moglie. La vedova ha voluto vedere il marito per l’ultima volta. «Un momento straziante - ha riferito Francesco Mantella, legale che tutela i familiari della vittima - di profonda disperazione». Ad accompagnare Charity nella saletta per il riconoscimento c'erano il fratello di lei e una donna, pastore della comunità nigeriana, che l’hanno dovuta sorreggere. Nelle Marche il Consiglio regionale ha osservato un minuto di raccoglimento in apertura dei lavori. Il presidente Dino Latini ha sottolineato «la necessità dello Stato di fornire una risposta adeguata nel condannare senza appello il responsabile», ribadendo la «solidarietà per la famiglia» per un delitto "efferato» che «ha stordito la nostra comunità». «Non ci sono parole per un assassinio tanto bestiale quanto futile, perché non sarebbero adeguate alla risposta che uno Stato civile e democratico deve saper dare nel condannare senza appello il responsabile e nelle stesso tempo nel saper fornire rieducazione e cura», ha detto Latini.

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