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Ucciso con un drone Usa il leader di Al Qaeda Al Zawahiri. Biden: "Giustizia è stata fatta"

«Giustizia è stata fatta». Joe Biden, in isolamento a causa del Covid, annuncia l’uccisione del leader di Al Qaida Ayman al-Zawahri dal balcone della Casa Bianca. Un’operazione di «precisione» e di assoluto «successo» che conferma la determinazione americana contro il terrorismo, afferma il presidente americano.

La prima svolta nella caccia al super terrorista è avvenuta a inizio anno. La conferma della Cia è arrivata ad aprile. Poi, la settimana scorsa, il breafing decisivo alla Casa Bianca con il via libera finale del presidente Joe Biden. Domenica mattina, alle 6.48, ora di Kabul, l’attacco con i droni.

Undici anni dopo Osama bin Laden, gli Stati Uniti hanno eliminato il suo erede alla guida di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, 71 anni, considerato il 'numero uno' del terrorismo internazionale. Allora Biden era il vicepresidente di Barack Obama. Stavolta, è stato lui a guidare l’operazione. «Giustizia è fatta, questo terrorista non c'è più», ha esultato Biden con un breve intervento dalla Casa Bianca trasmesso dai maggiori network televisivi americani. «Non importa - ha aggiunto - quanto tempo serve, o dove ti nascondi. Se sei una minaccia, gli Usa ti scovano».

Un’esplosione ha rotto il silenzio

L’attacco è avvenuto quando a Washington era sabato sera, le 21.48, e a Kabul - separata da otto ore e mezza di fuso orario - domenica mattina. Quello è stato il momento in cui al-Zawahiri, come aveva fatto altre volte in passato, è andato in terrazza, al terzo piano di un edificio in una zona residenziale della capitale afghana, nel quartiere di Shirpur, sotto il controllo del ministero della Difesa afghana. Un’esplosione ha rotto il silenzio. Il capo di al-Qaeda è stato ucciso. Pochi minuti dopo un team di 007 ha prelevato il dna di ciò che restava del corpo ed è arrivata la conferma: l’uomo ucciso era al-Zawahiri.

E' finita una caccia durata anni

E’ finita così una caccia durata undici anni, da quando il terrorista di origine egiziana aveva annunciato al mondo di aver raccolto l’eredità di bin Laden, la 'mente' dell’attacco agli Stati Uniti dell’11 settembre 2001. All’inizio di quest’anno l’intelligence americana aveva ricevuto notizie riguardo l’arrivo a Kabul di moglie, figlia e nipoti di al-Zawahiri. Ad aprile la Cia aveva avuto conferma che il capo di al-Qaeda si nascondeva in una palazzina nel quartiere residenziale. Da lì non era mai uscito. Ma sono state necessarie altre settimane per avere la certezza che fosse lui. L’1 luglio è cominciato il conto alla rovescia con un vertice a cui hanno partecipato il direttore della Cia, William Burns, la direttrice della National Intelligence, Avril Haines, quella del controterrorismo Christine Abizaid, e il consigliere alla sicurezza nazionale Jake Sullivan.

L'ordine di Biden: "Minimizzare gli effetti  collaterali"

Nelle ultime settimane ci sono state numerose riunioni alla Casa Bianca, tutte caratterizzate dalla richiesta di Biden di evitare la morte di persone innocenti, inclusi gli stessi familiari del terrorista. Per assicurarsi che tutto fosse pianificato, «minimizzando» gli effetti collaterali, è stato addirittura costruito un modellino dell’edificio. Biden ha chiesto informazioni e ottenuto rassicurazioni. Il 25 luglio l’ultima riunione. Poi l’ordine finale. L’abitudine di al-Zawahiri di passare molto tempo sul balcone ha facilitato le operazioni e ridotto al minimo i rischi di colpire altre persone.

Il gioco delle parti

Membri della potente famiglia talebana degli Haqqani, che fanno parte del nuovo governo di Kabul, erano a conoscenza della presenza di al-Zawahiri. Secondo fonti dell’amministrazione Biden, dopo l’attacco con il drone, i talebani si sono allontanati per non lasciare traccia. La presenza di un terrorista nella loro zona rappresenta una violazione degli accordi di Doha con cui gli Stati Uniti avevano accettato, nel 2020, di ritirarsi dall’Afghanistan, permettendo il ritorno nella capitale dei talebani. Un portavoce del governo afghano, confermando l’attacco, ha detto invece che sono stati gli Usa ad aver violato l’accordo. Ma questo fa parte del gioco delle parti.

Resta il successo dell’operazione, prontamente vantato da Biden, con un blitz andato in scena nel weekend in cui il suo predecessore, Donald Trump, era stato protagonista al contestato torneo di golf in New Jersey con gli amici sauditi. L’evento ha provocato la reazione indignata dei famigliari delle vittime dell’11 Settembre, che si sono sentiti oltraggiati dalla presenza di esponenti di un Paese risultato coinvolto nel più grande attacco terroristico portato dentro gli Stati Uniti. Trump, incurante delle critiche, ha invece ironizzato sulla seconda positività da Covid del presidente, dicendo che i medici avevano sbagliato diagnosi: il presidente, secondo Trump, è «affetto da demenza senile».

La promessa di Biden

Biden non ha risposto, impegnato com'era su un altro fronte molto delicato. «Quando ho messo fine alla missione militare americana in Afghanistan - ha commentato il presidente Usa- avevo promesso che avremmo continuato a portare avanti operazioni di antiterrorismo in Afghanistan». «La mia speranza - ha aggiunto - è che adesso i familiari delle vittime dell’11 Settembre possano voltare pagina». Su al-Zawahiri gli Stati Uniti avevano messo una taglia da 25 milioni di dollari. Non si sa se qualcuno la intascherà e né se altri Paesi siano stati coinvolti nell’operazione.

Chi era Ayman al-Zawahri

Braccio destro di Osama bin Laden e poi suo successore, al-Zawahri è stato uno degli uomini chiave negli attacchi dell’11 settembre. Nato in Egitto nel giugno del 1951 in una famiglia agiata a borghese, Al-Zawahri - medico e chirurgo - si è avvicinato ai movimenti jihadisti da giovanissimo, a soli 17 anni, prima di laurearsi. Entrò nella Jihad islamica egiziana nel 1979, diventando "emiro" (comandante) responsabile per il reclutamento. Nel 1981 finì in carcere durante una ondata di arresti di integralisti islamici in seguito all’assassinio dell’allora presidente Anwar Sadat. Rimase in prigione quattro anni per porto abusivo di armi, perché gli inquirenti non riuscirono a trovare elementi contro di lui su un coinvolgimento dell’omicidio di Sadat. Uscito di prigione nel 1985, Zawahri andò in Arabia Saudita, e poco dopo si spostò in Pakistan, dove conobbe Bin Laden. Ultima tappa l’Afghanistan, all’inizio degli anni Novanta. Oltre agli attacchi dell’11 settembre, Zawahri si è attribuito la «paternità» dell’attacco a Charlie Hebdo del 2015 a Parigi, che avrebbe ordinato personalmente. Sulla sua testa gli Stati Uniti avevano messo una taglia da 25 milioni di dollari.

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