L’attesa della famiglia è durata 32 anni. Ora Marcella Di Levrano, una giovane di 26 anni che venne uccisa a Mesagne (Bari) il 5 aprile del 1990 dalla Sacra Corona Unita perchè aveva deciso di allontanarsi da quell'ambiente e di collaborare con la giustizia, è stata riconosciuta "vittima innocente della mafia". Il provvedimento del Ministro dell’Interno risale a qualche mese fa, ma è stato reso pubblico ieri a Pavia nell’ambito del "Festival dei diritti, in un incontro promosso ed organizzato dal "Presidio Libera Pavia Rossella Casini e Marcella Di Levrano" dal titolo "Marcella Di Levrano. Una speranza sopravvissuta alla sua storia". Quella speranza, di veder riconosciuto anche dallo Stato il "sacrificio" della 26enne, che mai ha abbandonato la famiglia e Marisa Fiorani, la mamma della giovane mesagnese il cui corpo martoriato venne ritrovato 32 anni fa in un bosco tra Brindisi e Mesagne. Si trattò di un 'esecuzione in piena regola ordinata dalla Scu, come hanno raccontato negli anni anche alcuni collaboratori di giustizia. Ambienti malavitosi che la 26enne frequentò per un certo periodo della sua vita. «Poi la decisione - come ricostruisce l’avvocato Fernando Orsini che ha seguito la famiglia per l’intera vicenda - di abbandonare quel mondo, iniziando a collaborare con le forze dell’ordine e riferire quel che sapeva della Scu e che aveva annotato su un 'agendina». In questi anni la procedura per il riconoscimento dello status per Marcella Di Levrano è stata seguita anche da Enza Rando, già vicepresidente di Libera.