Martedì 24 Dicembre 2024

'Ndrangheta, i Dragone di Cutro sui fondi per il sisma 2012 a Mantova: 10 misure

 

Si è svolta nella notte una vasta operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Mantova che, all’esito dell’indagine "SISMA" - diretta e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Brescia - hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Brescia e a decine di perquisizioni presso abitazioni e studi tecnici.

I nomi

In carcere: Giuseppe Todaro (Crotone, 2.9.1986); Raffaele Todaro (Cutro, 13.5.1962); Rossano Genta (Ostiglia, 7.12.1956); Felice D'Errico (Villa di Briano, 6.7.1965); Giuseppe Di Fraia (Casaluce, 7.4.1967); Ai domiciliari: Pierangelo Zermani (Medesano, 18.6.1957); Monica Bianchini (Ostiglia, 5.1.1965); Antonio Guerriero (Napoli, 25.10.1974); Enrico Ferretti (Reggio Emilia, 10.2.1975); Carlo Formigoni (Revere, 2.10.1950); Indagato: Francesco Garofalo (Boscotrecase, 6.8.1968).

Il precedente: dagli interessi dei Grande Aracri al clan Dragone

Con la precedente indagine “Pesci”, i Carabinieri di Mantova e la DDA di Brescia avevano rilevato gli interessi della cosca Grande Aracri nell’area mantovana-reggiana, scaturita in numerosi arresti e condanne, mentre con l’indagine "Sisma" viene prospettata in chiave accusatoria la rinnovata influenza, nella stessa area, della cosca Dragone, cui alcuni dei principali indagati sarebbero imparentati.

Il pubblico ufficiale nipote del boss di Cutro

Al centro dell’indagine il nipote di uno storico boss cutrese, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore presso i comuni compresi nel cosiddetto “cratere sismico” della provincia di Mantova (Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica), con compiti istruttori, di verifica, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012.

Lo schema: professionisti e beneficiari trattavano col "tecnico"

Le diverse figure professionali, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero interfacciati con il citato tecnico istruttore secondo un collaudato schema criminoso, consistente nella corresponsione di indebite somme (in genere pari a circa il 3% del contributo elargito), per garantirsi la trattazione della propria pratica in violazione dell’ordine cronologico e con aumenti – talora indebiti- dell’importo del contributo pubblico 2 a fondo perduto (in un caso attestatosi a 950.000,00 anziché 595.000,00 come originariamente stabilito). Le contestate ipotesi di concussione prevedevano che il contributo pubblico venisse elargito ai richiedenti solo a condizione che costoro affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al citato tecnico istruttore e al padre di questi. Le indagini avrebbero messo in evidenza che tali società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella c.d. white list.

Architetti, ingegneri e imprenditori tra gli indagati

In tutto 9 i soggetti indagati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare (uno ancora attivamente ricercato), di cui 5 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, fra cui architetti e ingegneri, imprenditori e soggetti del sistema bancario, ritenuti responsabili a vario titolo, secondo l’impostazione accusatoria accolta dal GIP (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) di “concussione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intestazione fittizia di società”, aggravati dalle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca ‘ndranghetistica Dragone di Cutro (KR).

Lunghe intercettazioni

Gli approfondimenti investigativi, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia e condotti dai Carabinieri di Mantova, sono stati resi possibili da prolungate attività tecniche d’intercettazione, anche con captatore informatico, dai servizi di osservazione e pedinamento e dalla disamina della documentazione amministrativa relativa alle pratiche di finanziamento pubblico.

Il sequestro di società fittizie

A carico degli indagati è stato disposto anche il sequestro delle società fittiziamente intestate, delle provviste bancarie e di beni mobili e immobili per un valore di circa 2 milioni di euro, costituenti il ritenuto prezzo e il profitto dei reati contestati. Nel medesimo contesto, la Guardia di Finanza di Mantova, delegata a riscontrare condotte di natura penal–tributaria, con particolare riferimento all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha concorso con i Carabinieri nell’esecuzione di perquisizioni a carico di alcuni degli odierni indagati. Si sottolinea che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura cautelare odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti.

Le parole del gip

Per il gip che ha disposto gli arresti per le presunte concussioni e corruzioni nella ricostruzione di edifici lesionati nel Mantovano dal terremoto del 2012 con l’aggravante delle finalità mafiose «nessun dubbio può nutrirsi - sulla scorta delle indagini dei carabinieri di Mantova, coordinati dalla Dda di Brescia - circa l’attualità dell’impiego del metodo mafioso da parte della consorteria , e più in particolare della sua propaggine attiva nel territorio reggiano-mantovano». L’architetto Giuseppe Todaro, spalleggiato dal padre Raffaele, durante i colloqui registrati dagli investigatori, "rivendica orgogliosamente la propria posizione derivante dal proprio "prestigio mafioso", sia la ricchezza nel frattempo accumulata dal suo nucleo familiare, non mancando di veicolare minacce, esplicitando la fama criminale e la capacità offensiva della cosca, secondo i classici sistemi mafiosi ogniqualvolta fosse necessario riaffermare la sua 'autorità». Nell’inchiesta un solo imprenditore ha esplicitato direttamente le accuse nei confronti dell’architetto legato alla cosca "Dragone" che manovrava per affidare i lavori in cambio di un 3% dell’appalto; un altro è stato inizialmente reticente per poi raccontare le pressioni avute da Todaro, gli altri, invece, traevano un vantaggio, tanto che sono accusati di corruzione.

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