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Matteo Messina Denaro, arrestato Andrea Bonafede: prestò la sua identità al boss

Il Ros dei carabinieri ha arrestato Andrea Bonafede, quello vero, 59 anni, di Campobello di Mazara. E’ l’uomo la cui identità è stata utilizzata, almeno negli ultimi 12 mesi, dal boss castelvetranese Matteo Messina Denaro. Bonafede è accusato di associazione mafiosa. Il provvedimento è stato disposto dal gip di Palermo su richiesta del procuratore capo Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido. Andrea Bonafede sarebbe un uomo d’onore riservato. Lo scrive il gip nella misura cautelare. "Si è in presenza, in sostanza, sia pure, in termini di gravità indiziaria di un’affiliazione verosimilmente riservata di Bonafede per volontà del Messina Denaro", si legge nel provvedimento.

Oltre a consegnare all’ex latitante la sua carta di identità per consentirgli di ottenere un falso documento e a dargli la tessera sanitaria necessaria per le terapie e le visite mediche alle quali il boss doveva sottoporsi, Bonafede ha acquistato - per sua stessa ammissione - la casa di Campobello di Mazara in cui Messina Denaro ha trascorso l’ultimo periodo della latitanza, gli ha dato il bancomat permettendogli di fare delle spese, gli ha fatto comprare la Giulietta sulla quale viaggiava.

Ha cercato di minimizzare il suo ruolo sostenendo di aver visto il boss Matteo Messina Denaro due volte e solo di recente. Mezze ammissioni, molte bugie quelle di Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato l’identità al boss e che oggi è stato arrestato. Ne è certo il gip Alfredo Montalto che nella misura cautelare scrive: «Messina Denaro ebbe a usare l'identità fornitagli da Bonafede (se non dal mese di luglio 2020 quando ebbe ad acquistare, a nome della madre ultraottantenne, un’auto vettura verosimilmente utilizzata dal Messina Denaro, come si ricava dalla circostanza che la stessa autovettura è stata successivamente data in permuta per l'acquisto di altra autovettura in questo caso sicuramente utilizzata dal Messina Denaro, che, infatti, era in possesso delle relative chiavi) certamente già in occasione del primo intervento chirurgico subito il 13 novembre 2020».

Risulta smentito, dunque, quanto raccontato dal geometra che ha riferito agli inquirenti di avere incontrato l’ex latitante solo nel 2022. «Non è, inoltre, di certo minimamente credibile - prosegue il gip - che il latitante notoriamente più pericoloso e più ricercato d’Italia, che pure, come dimostrato dalle innumerevoli indagini di questi anni finalizzate alla sua cattura ha potuto sempre disporre di un’attentissima ed ampia cerchia di soggetti che gli hanno consentito di proseguire la sua latitanza e nel contempo le sua attività di direzione dell’associazione mafiosa cosa nostra quanto meno nell’intera provincia di Trapani, si sia ad un certo momento affidato ad un soggetto occasionalmente incontrato, non affiliato e che non vedeva da moltissimi anni, per coprire la sua identità, soprattutto nel momento in cui aveva necessità di entrare in contatto con strutture pubbliche sanitarie (con conseguente elevato rischio di essere individuato come in effetti è poi avvenuto il 16 gennaio 2023), oltre che per acquistare l'immobile ove per un periodo di almeno sei mesi e fino all’arresto ha poi dimorato». «L'esperienza dell’arresto di tutti i più importanti latitanti di Cosa nostra - spiega il giudice - peraltro, insegna che i soggetti di vertice di tale organizzazione, per evidenti ragioni di sicurezza personale, tendono ad escludere dalla conoscenza del covo ove da latitanti si rifugiano persino la gran parte degli associati mafiosi, limitando, piuttosto, tale conoscenza ad una cerchia più ristretta e più fedele di coassociati».

Caccia agli altri bunker

Nell'ultima casa in cui Messina Denaro ha vissuto a Campobello di Mazara sono stati trovati anche vestiti femminili forse lasciati da una donna con la quale il capomafia aveva una relazione stabile. Anche su questo indaga la Procura. Nell'ultima casa in cui Messina Denaro ha vissuto a Campobello di Mazara sono stati trovati anche vestiti femminili forse lasciati da una donna con la quale il capomafia aveva una relazione stabile. Anche su questo indaga la Procura.

L'auto non pagata in contanti

«La macchina è stata acquistata con metodi tracciati come previsto dalla legge». Così il proprietario della concessionaria dalla quale Matteo Messina Denaro ha acquistato la sua Giulietta un anno fa ha risposto ai giornalisti del TgUno, Tg3 e Giornale Radio Rai che gli chiedevano come il boss allora latitate avesse pagato il veicolo. La macchine era intestata alla madre del geometra Andrea Bonafede che ha prestato l’identità al capomafia.

Nuovi particolari sul medico Alfonso Tumbarello

Emergono nuovi particolari sui rapporti tra il medico di base Alfonso Tumbarello e "Andrea Bonafede" cioè Matteo Messina Denaro. Ne parla Report nella puntata di questa sera nella quale viene ricostruito il ruolo del medico massone come mediatore di un contatto, diventato un importante tema investigativo, tra il boss e Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, insegnante, massone e depositario di misteri ingombranti. Vaccarino era stato reclutato dal Sisde diretto allora da Mario Mori con l’obiettivo di stanare il grande latitante. I due si scambiarono varie lettere e note confidenziali sotto mentite spoglie: Messina Denaro si presentava come «Alessio» e a Vaccarino aveva attribuito il nome di «Svetonio», lo storico di epoca romana. A provocare il contatto era stato Tumbarello che a sua volta si era rivolto a Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo. «Appena ho sentito il nome del medico, ho fatto un balzo sulla sedia perché Alfonso Tumbarello non è un personaggio da poco», dichiara alle telecamere di Report Teresa Principato, che come componente della Dda di Palermo (è stato procuratore aggiunto tra il 2009 e il 2017) per anni ha dato la caccia al latitante. Nel 2012 durante un’udienza l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino ha raccontato ciò che è accaduto già a partire dal 2001. Report ha recuperato la registrazione dell’interrogatorio. Per prendere contatti con il boss Vaccarino si sarebbe rivolto proprio ad Alfonso Tumbarello, che avrebbe subito organizzato nel suo studio un incontro tra Vaccarino e Salvatore Messina Denaro, fratello del capomafia.

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