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La madre di Pamela Mastropietro in tribunale: sulla maglietta foto choc del cadavere

Le immagini del corpo martoriato di Pamela Mastropietro, uccisa all’età di 18 anni, stampate su una maglietta: a indossarla e mostrarla è stata la madre Alessandra Verni oggi nell’aula della Corte d’assise d’appello di Perugia davanti alla quale si celebra il processo d’appello bis per la sola violenza sessuale nei confronti di Innocent Oseghale già condannato all’ergastolo per l’omicidio, compiuto a Macerata nel gennaio del 2018. Foto choc fatte vedere all’esterno del palazzo anche da amiche e amici della giovane che hanno esposto striscioni per chiedere «giustizia» per Pamela. «Pamela voleva vivere e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni» è stato scritto su uno di questi. Giovani che indossavano delle magliette con il volto sorridente della diciottenne.

«Giustizia per Pamela Mastropietro», ma anche «la disumanità non deve diventare normalità» alcune delle altre scritte esposte. L’udienza di oggi, rinviata, è stata caratterizzata da una forte tensione. Con il padre e la madre di Pamela in aula infatti anche Oseghale, detenuto. «Guardate come me l’hanno ridotta!» ha gridato la donna ai giornalisti indicando la maglietta. «Pamela è stata violentata, uccisa, bastonata in testa, è stata torturata e fatta a pezzi e ancora se ne sta a discutere» ha aggiunto. Se Oseghale venisse assolto dall’accusa di violenza sessuale la condanna scenderebbe a 30 anni. I giudici della Corte, presieduta da Paolo Micheli, hanno riaperto l’istruttoria ma oggi nessuno dei due testimoni che devono essere sentiti si è presentato in aula. Di qui il rinvio al 22 febbraio. «Ha intenzione di partecipare alle prossime udienze?» ha chiesto Micheli a Oseghale.

«No» la sua risposta. «Basta oppressione giudiziaria» ha detto poi il nigeriano mentre stava lasciandola l’aula. La madre di Pamela a quel punto ha reagito cercando di scagliarsi verso di lui: «dimmi, dimmi che vuoi» gli ha urlato. Polizia penitenziaria e carabinieri li hanno però rapidamente allontanati. «Adesso si viene a chiedere a un carnefice se vuole partecipare all’udienza oppure no. Mettiamogli pure un tappeto rosso» ha detto Alessandra Verni al termine dell’udienza. «Mi aspetto giustizia da questo processo, quella che attendo ha cinque anni» ha detto poi fuori dal palazzo di giustizia mostrando davanti alle telecamere le fotografie del corpo della figlia. «Oseghale e tutti i suoi complici devono pagare» ha detto ancora. «Voglio l’ergastolo per chi ha fatto questo. Mi aspetto che adesso lo Stato, la giustizia, le procure, facciano il loro dovere perché non si può permettere che dei carnefici girino a piede libero in Italia. Nel nostro Paese non possiamo accettare questo». «Tra qualche giorno saranno esattamente cinque anni da quel massacro - ha detto il legale della donna, l’avvocato Marco Valerio Verni - e riteniamo che non dovevamo essere qui, dopo due gradi che nel merito avevano accertato senza ombra di dubbio la violenza sessuale, a discutere ancora se questo reato ci sia stato o meno».

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