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Chi è Franco Presta, il boss della 'ndrangheta citato da Donzelli nel caso Cospito

Nelle ultime ore tiene banco il caso anarchici e la figura dell'anarchico Alfredo Cospito. La polemica politica è diventata infuocata dopo le dichiarazioni di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d'Italia.

Tra le frasi pronunciate dall'esponente del governo, durante l’esame del progetto di legge per istituire la Commissione Antimafia, quella in cui, a proposito del 41-bis, attacca Cospito e lo definisce 'un influencer' usato dalla mafia per convincere il governo a togliere la misura del carcere duro. Poi, riferisce di alcune conversazioni che l'anarchico avrebbe avuto in carcere con vari boss: dall’esponente della 'ndrangheta Francesco Presta «killer di rara freddezza» a Francesco Di Maio del clan dei Casalesi. Citando i virgolettati. «Presta - racconta Donzelli - lo esortava: devi mantenere l’andamento, vai avanti. E Cospito rispondeva: fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma». Quindi il boss rispondeva: «Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo». Più o meno dello stesso tenore il colloquio con Di Maio.

Chi è Franco Presta (di Arcangelo Badolati)

Il latitante Franco Presta, 52 anni, ritenuto dagli investigatori un killer spietato delle cosche della 'ndrangheta del Cosentino, fu arrestato dagli agenti della Mobile di Cosenza il 13 aprile del 2012. Presta fu bloccato in un appartamento a Rende. Il suo nome era inserito nell'elenco dei 100 ricercati piu' pericolosi d'Italia.

Silenzioso, occhi mobilissimi, fisico asciutto, il Lupo Solitario è un “uomo di rispetto”, temuto e riverito proprio per l’audacia e la determinazione da sempre mostrate. Così scriveva Arcangelo Badolati, il nostro capo servizio della redazione di Cosenza, all'epoca in cui il boss fu arrestato La sua fama è cresciuta a dismisura alla fine degli anni ’90, quando la ’ndrangheta insediatasi in riva al Crati decise di ridisegnare con il piombo la mappa del potere mafioso. In tre anni furono cancellati dalla scena delinquenziale personaggi ingombranti della vecchia scuola e picciotti votati a una eccessiva autonomia. Il ruolo di Presta emerse in tutta la sua inquietante portata prima con la maxi inchiesta “Luce”, che lo vide imputato d’un feroce agguato costato la vita – l’11 febbraio del 1994 a Bisignano –, a Luigi Parise e Gabriele Mastroianni, e poi, nel 2002, con il blitz “twister” che scoperchiò gli affari gestiti dalle cosche cosentine. da “Luce” Presta fu assolto, mentre per “Twister” incassò una condanna a 5 anni. E proprio per sfuggire alla pena divenuta nel frattempo definitiva, l’uomo, nel maggio del 2009, si diede alla latitanza. da quando s’è dato alla macchia, tuttavia, i suoi guai con la giustizia sono aumentati.

La Procura distrettuale di Catanzaro l’ha infatti indagato per quattro omicidi: quattro esecuzioni compiute seguendo l’agghiacciante logica d’una sorta di “pulizia etnica”, scatenata nell’area settentrionale della Calabria tra il 1999 e il 2002 in coincidenza dell’inizio dei lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Lavori segretamente condizionati da un direttorio mafioso che imponeva il pagamento del pizzo e le ditte da utilizzare per forniture e subappalti alle grandi aziende impegnate nell’intervento di ristrutturazione dell’arteria viaria. Un direttorio del quale Franco Presta era indicato come stabile e influente componente. È così, perciò, che il boss latitante finisce sott’inchiesta per gli assassinii del boss Marcello Calvano – avvenuto a San Lucido nell’agosto del 1999 – e di Vittorio Marchio, il “bandito in carrozzella” – ammazzato a Cosenza il 26 novembre dello stesso anno –. La magistratura inquirente non riesce però a raccogliere prove a sufficienza e la posizione del latitante, dopo una pronuncia favorevole del Tribunale della Libertà, viene archiviata. I tribunali l’assolvono anche dall’accusa di aver fatto parte del famigerato “direttorio” della ’ndrangheta. Presta non ha nemmeno il tempo di godersi lo scampato pericolo, che si ritrova sul groppone un altro provvedimento di custodia cautelare. Questa volta, la procura catanzarese, diretta da Antonio Vincenzo Lombardo, gli contesta d’essere il presunto responsabile dell’uccisione del boss Francesco Bruni “Bella-Bella” – compiuta il 29 luglio 1999 a pochi passi dal carcere di Cosenza – e dell’agguato teso il 12 maggio del 2000 – a Castrolibero, al vecchio “mammasantissima” Antonio Sena.

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