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Paura in Kenya, a fuoco un resort italiano a Watamu: tre ustionati in ospedale

Quasi 200 turisti italiani in fuga da un resort in Kenya, pochi minuti prima dell’inferno che lo ha ridotto in cenere e che ha causato ustioni da ricovero a tre connazionali. Questa la disavventura per i clienti del "Barracuda Inn resort" in riva all’Oceano indiano nella cittadina di Watamu, una delle destinazioni più in voga del Paese africano. Nella tarda mattinata la struttura di proprietà di italiani è stata attaccata dalle fiamme provenienti dal centro cittadino e sospinte dal forte vento. Grande spavento tra i circa 180 turisti provenienti dall’Italia, ma fortunatamente nessuna vittima.

Tre persone - due donne e un uomo - sono state ricoverate all’ospedale distrettuale di Malindi con gravi ustioni, sebbene non siano in pericolo di vita, come riferito all’ANSA da personale della struttura sanitaria. In serata, secondo quanto riferito dalle stesse fonti, una donna sarebbe stata trasferita in una struttura più idonea a curarla, nella città di Mombasa. Agli altri ospiti del resort è andata decisamente meglio, anche grazie all’App "Dove siamo nel mondo" della Farnesina che ha lanciato un allarme immediato. C'è però chi ha perso gli effetti personali e i documenti di viaggio e chi è rimasto per ore sotto shock. Tutti sono stati sistemati in altre strutture italiane della località. L’Ambasciata d’Italia in Kenya, tramite il Consolato onorario di Malindi e in contatto costante con l'Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, ha seguito la situazione dei connazionali.

Tra loro anche due sposi in luna di miele, arrivati la mattina stessa dall’Italia. Il marito, Alessandro Urbani, trentaduenne napoletano, ha raccontato all’ANSA la sua disavventura dal Seven Island, uno dei resort italiani che hanno messo a disposizione le camere, insieme al Jacaranda. «Abbiamo capito che stava succedendo qualcosa perché è mancata la luce e abbiamo sentito persone muoversi e parlare animatamente - ha riferito Urbani -. Poi lo staff del resort ci ha detto di raccogliere le nostre cose in fretta e ci ha portato in salvo. Sono stati molto veloci ed efficienti. Mentre fuggivamo abbiamo visto le fiamme che, spinte dal forte vento, in pochi minuti hanno avvolto tutto il villaggio turistico». Ben poco è rimasto del Barracuda Inn, mentre il resort attiguo, sulla stessa baia e anch’esso italiano, il Lily Palm, ha perso solamente il ristorante fronte mare. «Il vento ci ha letteralmente graziati - ha raccontato il general manager del Lily Palm Resort, Maurizio Ciorra - le fiamme si sono fermate appena prima delle cucine e le camere dell’hotel, dove alloggiano un centinaio di italiani, non sono state colpite». L’incendio, secondo le testimonianze degli abitanti di Watamu, sarebbe divampato dal Mbuyu Lodge, un bar ristorante con camere sulla via centrale della cittadina, dove sorgono anche negozi, discoteche e gelaterie che però non sono state colpite. Le indagini della polizia locale in serata erano ancora in corso. Sul banco degli imputati salgono ancora una volta i tradizionali tetti 'makutì fatti con foglie secche di palma che bruciano velocemente e che, trasportate dal vento, propagano gli incendi ad alberi e altri tetti. Nel luglio di 2 anni fa un incendio simile aveva distrutto a Watamu un boutique hotel italiano, l’Alawi, ed una serie di ville private. «Il settore italiano dell’ospitalità di Watamu ha dimostrato ancora una volta grande solidarietà - afferma il proprietario del Seven Island Resort, Roberto Lenzi, che ha messo a disposizione 17 camere per i turisti senza alloggio -. Insieme con il Jacaranda ci siamo organizzati ed ospiteremo i clienti del Barracuda Inn Resort per tutto il resto della loro vacanza».

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