Sono circa un migliaio i pizzini, riconducibili al boss Matteo Messina Denaro, quindi da lui scritti o a lui rivolti, scoperti dai carabinieri del Ros nel covo del boss a Campobello di Mazara e nelle due case (quella di campagna di Campobello e quella di Castelvetrano) della sorella Rosalia, arrestata ieri per mafia. Una miniera d’oro di informazioni sulla quale gli investigatori, coordinati dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca de Leo, stanno lavorando. Per la ricostruzione della latitanza di Messina Denaro, dei suoi affari, delle sue frequentazioni si tratta di input straordinari. Quello che attende gli investigatori, però, è un lavoro lungo e complesso perché i bigliettini sono tutti da decriptare. Il padrino, infatti, utilizzava nomi in codice: Rosalia, ad esempio era chiamata Fragolone hanno scoperto i carabinieri. Molti altri nickname come Ciliegia, Condor, Malato, Reparto, Parmigiano, sono tutti da decifrare. Nell’enorme mole di carte ritrovate, oltre ad appunti sulla contabilità del boss e suoi scritti personali, ci sarebbero messaggi a donne con le quali il capomafia intratteneva relazioni.
Chi frequentava il covo del boss Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara? Stanno cercando di scoprirlo gli investigatori che hanno disposto la ricerca di eventuali dna nell’appartamento. I profili genetici diversi da quelli del boss eventualmente trovati potrebbero portare all’identificazione dei soggetti che incontravano il capomafia nella casa in cui questi ha passato gli ultimi mesi di latitanza.
Lunedì interrogatorio di Rosalia Messina Denaro
Sarà sentita lunedì nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip, nel carcere di Pagliarelli, Rosalia Messina Denaro, sorella del capomafia di Castelvetrano Matteo, arrestata ieri per associazione mafiosa. La donna sarà assistita dall’avvocato Daniele Bernardone e non dalla figlia Lorenza Guttadauro che invece è stata nominata legale di fiducia dal boss. Rosalia è accusata di aver gestito la «cassa» della famiglia, di aver fatto da collettrice dei pizzini coi quali il capomafia comunicava con i suoi, di essere stata insomma fedele esecutrice delle volontà del fratello durante la latitanza.
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