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Nuova luce su Gregorio e Mattia Preti: mostra a Roma svela il rapporto tra i due pittori

«Un pittore sulla quarantina, con gli strumenti del suo mestiere in mano, si volge verso di noi con aristocratico sussiego, quasi invitandoci a prendere parte all’allegro simposio che sta accadendo alle loro spalle. I suoi tratti somatici e di costume – capelli neri, incarnato olivastro, gote rubiconde e folti baffetti scuri alla moschettiera – rimandano alla Calabria del primo Seicento, quella Calabria “dove non nascevano uomini di simile professione” (citazione di una frase un po’ arbitraria tratta dalle “Vite” del Vasari, nda), che i fratelli Gregorio e Mattia Preti avevano lasciato all’alba del regno barberiniano (1623 – 1644) alla ricerca di maggior fortuna nella capitale papale». Il «pittore sulla quarantina» è Gregorio Preti (Taverna, 1603 – Roma, 1672), fratello maggiore del molto più famoso Mattia (Taverna, 1613 - La Valletta, 1699). Così Yuri Primarosa, curatore (con Alessandro Cosma), presenta il gigantesco dipinto (200 x 396 cm) “Allegoria dei cinque sensi”, che, appena restaurato, è al centro della mostra “Il trionfo dei sensi. Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti”, in corso a Roma nella sede di Palazzo Barberini fino al 16 giugno e organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte antica.

«Un quadro per longo con diversi retratti: chi sona, chi canta, chi gioca, chi beve e chi gabba il compagno, lungo palmi 14 e alto palmi 8 in circa [... di] mano di Mattia Calabrese», veniva definito in un inventario ereditario dei Barberini, stilato nel 1686 quando ormai la fama di Mattia aveva del tutto oscurato quella del fratello maggiore. Ma, come è dimostrato, l’opera fu realizzata a quattro mani tra il 1642 e il 1646, con prevalenza di Gregorio nella parte centrale della tela e del fratello ai due lati.

Quello che viene alla luce da questa mostra – con altre opere a quattro mani e importanti dipinti giovanili di Mattia – è un rapporto fraterno intenso e consapevole, di affetto e di responsabilità del più grande verso il più piccolo, quest’ultimo arrivato a Roma probabilmente quando aveva 17 anni, o addirittura, secondo alcune ipotesi, poco più che bambino, a soli 11 anni. Il maggiore fu presto consapevole del valore del fratello, tanto che il gesuita Sebastiano Resta poté raccontare: «Mi disse suo fratello Gregorio che per tirarlo avanti e mantenerlo alla Pittura esso si mise a lavorar per bottegari, che allora erano ricchi e facevano lavorare, onde lavorò per il coloraro Nasini alla Sapienza».

Già nel 1642, quando collaborava all’ “Allegoria”, Mattia aveva avuto un riconoscimento importantissimo: grazie a Urbano VIII, fu nominato Cavaliere nell’Ordine di San Giovanni Gerosolimitano, tanto che da allora – a soli 29 anni, un’eccezione – fu noto a tutti come il “Cavalier Calabrese”. Un amore che aveva circondato i fratelli fin dalla loro nascita nel piccolo centro, oggi in provincia di Catanzaro, da Cesare e Innocenza Schipani, una famiglia appartenente al cosiddetto “ceto intermedio”, che ebbe cura di far studiare i figli e di dar loro una cultura umanistica.

Non a caso i due pittori rimasero sempre legati a Taverna, dove realizzarono molte opere, specie Mattia, affezionato alla terra natia, anche dopo – una volta lasciata Roma - i successi a Napoli e poi a Malta, sulle tracce ideali di Caravaggio che era stato il suo primo ispiratore.

Successivamente, confrontandosi con Ribera. Guercino, Lanfranco e altri, Preti ha elaborato un suo stile, forse ancora legato al passato realismo di Caravaggio, ma con una capacità “scenica” che coglieva i fuochi ispiratori del barocco, a cominciare dagli affreschi dell’abside di Sant’Andrea della Valle, che gli assicurarono una notorietà e un apprezzamento che lo accompagnarono per tutto il resto della sua intensa vita.

L’ “Allegoria”, sulle orme del caravaggismo appunto, univa diverse scene di genere: l’osteria, il concerto, il gioco e la buona ventura, oltre ai cinque sensi. L’esecuzione musicale sulla sinistra rimanda all’udito, il fumatore di pipa al centro si riferisce all’olfatto, l’oste e i bevitori al gusto, mentre sulla destra la scena di chiromanzia richiama il tatto. Il senso della vista, infine, è celebrato dallo stesso Gregorio Preti con il proprio autoritratto da pittore. A destra ci sono le immagini ideali di Eraclito e Democrito, contrapposti nel pianto e nel riso, per ammonire sui limiti della conoscenza sensibile.

Per la prima volta, questa tela è esposta accanto all’altra simile, sempre dei due fratelli, “Concerto con scena di buona ventura”, di quasi dieci anni prima, in cui Mattia aveva ritratto anche Giovan Battista Marino, il poeta più celebre del Seicento italiano.

La mostra, che ospita altre dieci grandi opere, non tutte create in coppia, presenta alcuni inediti di Mattia Preti, a cominciare dal monumentale “Cristo e la Cananea”, il primo nella storia autonoma del pittore con una data certa, fra il 1646 e il 1647. Così viene documentata l’attività iniziale del “cavaliere”, con l’esposizione di altri e poco conosciuti dipinti: “Archimede” (1630 circa), “Negazione di Pietro” (1635 – 1640 ca.), “Fuga da Troia” (1635 – 1640), “Apostolo” (1635 ca.), “San Bonaventura” (1637 – 1645).

Un modo per riscrivere parzialmente il periodo romano dell’artista, ma soprattutto per rendere chiaro e netto come e perché il fratello Gregorio si sia tanto impegnato per allevarne il grande talento. Un talento che brilla attraverso i secoli, ed è considerato adesso uno dei più smaglianti e importanti per la Calabria, madre di artisti.

In esposizione fino al 16 giugno.

“Il trionfo dei sensi. Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti”, è la mostra in corso a Roma nella sede di Palazzo Barberini delle Gallerie Nazionali di Arte antica, fino al 16 giugno. L’esposizione, che esamina la prima attività di Mattia Preti e la sua formazione nella bottega romana del fratello Gregorio, ruota attorno all’ “Allegoria dei cinque sensi” delle Gallerie Nazionali, monumentale tela d’impronta caravaggesca realizzata dai fratelli negli anni Quaranta del Seicento, rimasta per anni in deposito nel Circolo Ufficiali delle Forze Armate.

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