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Dame, eroine madri, dee: quando l'arte è donna

Donne e donne, vediamo tutte le donne possibili lungo cinque secoli di pittura italiana: «Dame eleganti, madri affettuose, eroine mitologiche, seducenti modelle e instancabili popolane». È presentata con questa galleria di parole la mostra “Donne nell'Arte. Da Tiziano a Boldini”, curata da Davide Dotti, organizzata dall'Associazione Amici di Palazzo Martinengo e ospitata nei saloni della residenza bresciana fino al 7 giugno.

Si potrebbe aggiungere: “donne antiche” e “donne moderne”, perché se nel passato sono le sante e le eroine a ispirare gli artisti presentandosi quindi con un elemento di straordinarietà, nei tempi a noi più vicini una simile capacità di essere soggetto (e non oggetto) fondamentale di un dipinto tocca alla donna di tutti i giorni, sicuramente ricche borghesi ma anche contadine e operaie, lavoratrici per necessità e per scelta, rappresentanti di una svolta sociale che appariva chiara già nella seconda metà dell'Ottocento e nei primi del Novecento, anni cui il percorso espositivo dedica ampio spazio.

Ecco perché una mostra di notevole valore artistico appare importante anche per il racconto visivo dell'evoluzione del ruolo della donna (senza mai sottovalutarne le capacità seduttive), una testimonianza storica filtrata dalla capacità della pittura di mostrare le emozioni, di toccare il cuore, di dare corpo visivo a quelle che potrebbero rischiare di essere soltanto nozioni storiche. Testimonianze per certi versi stupefacenti perché “Donne nell'Arte” presenta una serie di opere (90 circa, spesso dalle grandi misure) che hanno il pregio di essere poco viste in quanto appartenenti a collezioni private; addirittura molte sono alla prima uscita e mai avevano avuto una scheda critica.

Quindi, non capolavori noti e stravisti, ma dipinti di evidente valore estetico chiamati finalmente a una passerella adeguata. Peccato soltanto che l'allestimento sia piuttosto basic, non all'altezza della proposta, specialmente nelle luci troppo statiche a fronte della varietà delle tele, come si può dedurre dai titoli delle otto sezioni tematiche: Sante ed eroine bibliche, Mitologia in rosa e storia antica, Ritratti di donne, Natura morta al femminile, Maternità, Lavoro, Vita quotidiana, Nudo e sensualità.

Dotti tiene a dire che non si tratta di una mostra di donne artiste, pur con la presenza di un'opera di Artemisia Gentileschi (“Cleopatra morsa dall'aspide”, 1620 ca) e di altre pittrici meno note, secentesche, come Elisabetta Sirani, e ottocentesche, tuttavia sorprende poi nella sezione dedicata alle nature morte con opere tutte firmate da donne, a cominciare dalla più nota Fede Galizia, nata a Trento nel 1574. Desta curiosità il caso di Margherita Volò Caffi, figlia d'arte, che, proprio per la produzione di still life, organizzò una specie di impresa familiare insieme con le sorelle Francesca e Domenica e il fratello Giuseppe. Non solo, Margherita e Francesca furono nel 1697 le prime donne ammesse all'Accademia di Milano.

È certamente attrattiva la presenza della “Maddalena penitente” (1558 ca) di Tiziano, in una versione firmata per esteso, al suo esordio in Italia, come - dall'altra parte del titolo - quella di Giovanni Boldini con “Ritratto di Lady Nanne Schrader” (1903), che rientra a tutti gli effetti in quella galleria di dame che lo ha reso celebre. Qui la mostra ha un acuto perché ci fa vedere tre nudi del pittore ferrarese, interessanti grazie a uno stile più libero, con forme allungate, quasi la rappresentazione della necessità di uscire dal realismo. Fra i ritratti, un autentico capolavoro “ritrovato” del 1803, quello di Francesca Ghirardi Lechi, storicamente nota per essere stata amante di Gioacchino Murat prima di rientrare in famiglia, firmato da Andrea Appiani. In questa sezione ci sono ritrattisi famosi quali Hayez e Corcos, ma colpisce per la sua fresca novità “Colpo di vento” (1902), in cui i toni realistici di Gaetano Bellei scelgono una figura femminile in movimento, presa di mira dal vento, intelligentemente scelta per il logo della mostra. Un dinamismo che si stacca nettamente dai ritratti posati.

Segnalato “Con la rosa fra le labbra” (1895), in cui Ettore Tito ritrae una giovane donna di profilo su uno sfondo indefinito (l'artista campano meriterebbe un'attenta rivalutazione), colpisce il realismo mai freddo con cui vengono ritratte situazioni di lavoro o di povertà. Fra questi il drammatico “Madre con figli” (1730) di Giacomo Ceruti, detto Pitochetto, in cui pare di toccare con mano la fame dei bambini. Va oltre il realismo “Giochi infantili” (1890 ca), in cui Gaetano Chierici mette in scena una dettagliata nomenclatura di ambienti e arredi di una casa contadina. Nella zona lavoro “Scavi a Pompei” (1870) di Filippo Palizzi segnala lo sfruttamento della donna per i lavori pesanti e malpagati.

Fuori contesto, ristretto in un vano piccolo e riservato (esteticamente rovinato da un'uscita di sicurezza) ma inevitabilmente attrattivo, c'è infine un disegno in matita di Gustav Klimt “Coppia di amanti in piedi” (1907 - 1908), considerato fra quelli preparatori del celebre “Bacio” di Vienna. Come dire, dopo tante donne protagoniste solitarie, diamo alfine un po' di spazio alla coppia.

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