È il 20 febbraio 1989, prove generali al Teatro Ariston del Festival di Sanremo, il primo dell’era Aragozzini, sul palco i cosiddetti “figli d’arte”, Rosita Celentano, Paola Dominguin, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi, parlano fra loro con in mano i testi della prima serata in programma il giorno dopo, in platea un viavai di tecnici, giornalisti e discografici, in scena si susseguono i cantanti, arriva la Oxa che scende e riscende la scala mentre intona “Ti lascerò” con Fausto Leali, arriva Toto Cotugno, applaudito soprattutto dalle signore. È la solita atmosfera sanremese prefestival, anche se a me, giovane collaboratrice della Gazzetta del Sud al secondo Sanremo, da sempre appassionata di musica, tutto questo appare molto emozionante. Sono seduta in seconda fila, pronta con carta e penna a prendere appunti sulle canzoni. Entra Mia Martini, qualcuno finalmente si siede con rispetto, altri in piedi continuano a parlottare. Parte la base di “Almeno tu nell’universo”, lei inclina un po’ il capo come per assecondare l’intro lieve del brano… «Sai la gente è strana, prima si odia e poi si ama…». L’ascolto con religiosa attenzione, sono anche un po’ emozionata, a me è sempre piaciuta Mia Martini e rivederla dopo alcuni anni, dopo il suo periodo buio, mi dava una certa sensazione. Intanto il brano cresce d’intensità, la voce di Mia Martini si libera in tutta la sua potenza, e quando parte «Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo» Mimì allarga le braccia come se volesse abbracciare l’intero teatro. A questo punto accade qualcosa, tutti si girano verso il palco, l’intensità della canzone rapisce tutti, un profondo silenzio accompagna il brano fino all’ultima nota per poi lasciare spazio ad un applauso forte, fortissimo, spontaneo, pieno di calore, Mia Martini era ritornata, era tornata dal suo pubblico. Lei si gode l’applauso, alza una mano in segno di saluto e lascia il palco sorridente. In quel momento lei aveva già vinto. Incontrai Mia Martini l’anno dopo, nel 1990, sempre a Sanremo, e quanta differenza rispetto ad appena dodici mesi prima! Era il Festival della vittoria annunciata dei Pooh, ma era anche il Festival di Mia Martini, di un’artista ritrovata e finalmente rispettata. La intervistai un po’ casualmente insieme a Mietta e mi svelò cose che non sapevo, ad esempio “La nevicata del 56” con cui era in gara era stata proposta a Gabriella Ferri e l’autore del testo, Franco Califano, dovette riadattare parte delle parole per lei. Mietta l’ascoltava con attenzione e le diceva che una delle canzoni che più le piacevano di Mimì era “Piccolo Uomo”. E anche lì un’altra scoperta. Uno degli autori, Dario Baldan Bembo, non voleva quel titolo perché credeva che “Piccolo uomo” non avrebbe funzionato, ma l’altro, Bruno Lauzi, insistette. Ed ebbe ragione. Rividi Mia Martini nell’estate del 1992 a Messina, in Piazza Università era in programma un suo concerto per la rassegna musicale Azzurra. Organizzai per l’evento una conferenza stampa con giornali, radio e tv, e tutti naturalmente volevano farle domande. Mia Martini però era in ritardo ed i suoi manager dissero che si sarebbe trattenuta solo pochi minuti con noi giornalisti perché doveva fare le prove con la band. Ed anche lì l’ennesima sorpresa: Mia decise di rispondere a tutte le diciassette domande, mettendo da parte persino il sound check mentre il gruppo e gli impresari da un’ora l’attendevano in piazza. Ma lei quando stava bene in mezzo alla gente perdeva il senso del tempo: fermarsi, parlare, per lei era tutto naturale. Quella sera a Messina si vestì di viola: ormai superati gli anni bui Mia Martini poteva permettersi di tutto. Era l’anno dell’album “Per aspera ad astra”; sul palco con lei davanti ad una piazza pienissima il musicista messinese Giancarlo Parisi con il quale intonò “Carniscialata di Puddicinedda” in omaggio a Messina. E dopo averla cantata disse: «Stasera abbiamo fatto il ponte, un ponte fra Messina e Bagnara Calabra...». Era molto felice, il concerto fu un trionfo e lei firmò tantissimi autografi. Mia Martini aveva un legame speciale anche con la città di Messina, dove nacque nel 1990 il primo fan club da lei autorizzato, “Chez Mimì”, il cui presidente era il messinese Pippo Augliera e nel 2013 davanti alla chiesa di Grotte sulla litoranea il belvedere venne intitolato a lei. Nel novembre del 1994, su iniziativa proprio del Fan Club Nazionale, Mia Martini fu ospite su Rtp in collegamento nella mia trasmissione Domenica Insieme. «Ho saputo che vi sareste riuniti per parlare di me, mi piacerebbe sapere il vostro parere su questo mio ultimo disco» dichiarò durante la diretta. In realtà le domande spaziarono poi su altri argomenti. Schietta e sincera come sempre, Mia Martini non lesinò osservazioni critiche su altre colleghe, e raccontò che i rapporti con la sorella Loredana Bertè erano sempre tempestosi. Ma la vera “bomba” arrivò quando confessò candidamente che le sarebbe piaciuto fare un duetto con Mina: «Sono pazza di lei, Mina è la più grande artista in assoluto che abbiamo in Italia!». Tutti i giornali italiani, ripresero quelle parole, e quell’intervista venne inserita nel libro “La Regina senza trono”, a lei dedicato e scritto da Augliera. E Mina nell’album “Pappa di Latte” rese omaggio a Mia Martini interpretando “Almeno tu nell’universo”. Il mio ultimo ricordo di Mia Martini è anche il più brutto. Domenica 14 maggio 1995 nel primo pomeriggio si diffonde la notizia della sua morte, Domenica in e tanti altri programmi ne parlano, e anche io a “Domenica insieme”. Siamo tutti increduli, sbigottiti. In suo omaggio ripropongo qualche momento musicale ed un frammento del suo intervento di pochi mesi prima ed in particolare il suo saluto: «Piccoli uomini, piccole donne, non mandatemi via, io piccola donna sola morirei. Non posso stare senza di voi». Purtroppo però Mimì ci aveva lasciati veramente. Ci restano le sue canzoni, e resteranno per sempre.