Sembrano lontane secoli. E certo, immedesimarsi in quel catalogo senza tempo che è la lirica, e la lirica al femminile, immediato non è. Ma contemporaneo sì. Farci raccontare come siamo state, vedere e sentire come siamo diventate dalla viva voce delle donne che hanno già vissuto. Tra epoche che influenzano gli autori ed autori che influenzano le epoche, corsi e ricorsi di una storia che, se anche passa, poi ritorna. L'opera, in fondo, non ci dice di noi più di quello che noi stesse conosciamo?
Carmen, l’ammaliante sigaraia (Bizet), Rosina la scaltra (Il Barbiere di Siviglia-Rossini), la nobile, malinconica Contessa (Nozze di Figaro-Mozart). Le donne di Puccini. La purezza di Cio Cio San (Madama Butterfly), la metamorfosi di Turandot, la delicata ricamatrice di fiori Mimì (Boheme).
La potenza di Tosca: la Roma dell’Ottocento, ma potrebbe essere oggi in qualsiasi luogo. Lei superba cantante, lui pittore impegnato, gelosia e altruismo che lottano in uno spietato duello che travolge i loro destini. La modernità di “Cavalleria rusticana” di Mascagni, dove tre sono le "femmine" in scena. Santuzza, mamma Lucia e Lola. E tutte salve, per la prima volta: un riscatto epocale per la donna, il suo ruolo, la sua importanza vitale e scenica. L'universo femminile di Rossini, di Donizetti. Caratteri intrisi di passione ad ogni costo, votati al sacrificio, attraversate dalla malattia, spesso destinate alla morte.
E Bellini? La sacerdotessa Norma, che prega la luna per invocare la pace. La divinità che volge al femminile, la celebrazione della verginità come purezza.
O il progressista Verdi, un uomo illuminato dalla libertà di scegliere, nella sua vita come nelle sue opere. Donne come Abigaille (Nabucco), che vai a capire se ha più brama di potere, invidia o passione. L’inquietudine di Azucena (Il Trovatore), la volitiva Leonora (Il Trovatore) oppure la semplice Gilda (Rigoletto). E poi ancora Lady Macbeth, Aida, Desdemona (Otello).
Violetta la Traviata. Una "mantenuta" innamorata, un riscatto inseguito invano nella vita e un'affermazione vocale nella scena (è conosciuta come l’opera dei tre soprani perchè, per eseguirla, serve un’interprete che abbia le caratteristiche di soprano leggero, lirico e drammatico insieme). Ma soprattutto il coraggio, e sta qui la rivoluzione, di sbattere sulla faccia dei borghesi le loro ipocrisie, le falsità e il loro rapporto distorto con le donne. Anche Traviata muore, ma non prima di aver smascherato il pubblico in sala, mentre i tenori sono sempre più enfatici e retorici. Non a caso la prima rappresentazione è stata un fiasco.
Premessa. Se solo si riuscisse a smontare quel cliché che confonde l'antico col vecchio, lo stereotipo per cui quello che non conosco non lo capisco (e viceversa). Se soltanto dire opera lirica non si traducesse in roba d'altri tempi, d'altri gusti. Polverosa, cassata in un qualsiasi non fa per me. Forse non servono discorsi di merito, nessuna esegesi sul come, quanto e quando certe opere abbiano realmente cambiato il suono, il ritmo del mondo. Su quel modo che la lirica ha di visualizzare l'invisibile. Né su come il melodramma sia riuscito in ogni epoca, in ciascun luogo, a svelare l'arte dei popoli rivelandone la vita. Rinnovandola, mettendo l’uomo di fronte alle proprie miserie, dentro le sue fortezze, l'uno intorno all'altro, disarmato e coraggioso. Eroico o infimo, intimo, incosciente eppure consapevole. E le donne? Magari ci potremmo riconoscere tutte nei tratti di eroine belle, invincibili o vinte. Innamorate, oscure, tragiche e limpide, crude e reali. "Maschili". Moderne. Donne perdute che muoiono sacrificandosi per il loro amato o in espiazione dei loro peccati. Allora sì che il superato si risolverebbe in insuperabile. Promesso.
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