Napoleone, il condottiero. L'imperatore. Certo. Ma anche l’uomo che ben conosceva il potere dell’arte e della riscoperta dell’antico. In occasione del bicentenario della morte di Bonaparte, è proprio a «Napoleone e il mito di Roma» che il Museo dei Fori Imperiali ai Mercati di Traiano dedica la prima mostra della «riapertura», da oggi e fino al 30 maggio. Un viaggio lungo oltre 100 opere tra sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta «minore», in gran parte in arrivo dalle Collezioni Capitoline ma con prestiti importanti come il busto in bronzo di Lorenzo Bartolini dal Louvre, in cui Napoleone è ritratto all’antica con la corona d’alloro e le fattezze di un imperatore romano. O il fregio con il Trionfo di Alessandro Magno a Babilonia dai Musei Civici di Pavia, che avrebbe dovuto celebrare (proprio al pari di Alessandro Magno) l’arrivo al suo nuovo palazzo al Quirinale a Roma. "Una mostra - racconta all’ANSA Simone Pastor, curatore insieme a Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi e Nicoletta Bernacchio - che approfitta di Napoleone per parlare dell’antico e dei suoi modelli. È una sorta di Napoleone allo specchio, visto attraverso gli occhi di Augusto, Alessandro Magno, Giulio Cesare, con un taglio di racconto completamente differente, che lega l’esposizione ancora di più al luogo che la ospita. Fu proprio il Governo napoleonico, infatti, a dare il via, tra il 1811 e il 1814, agli sterramenti per liberare l’area a sud della Colonna di Traiano, già presa a modello per la realizzazione della Colonna Vendôme a Parigi. Fu così che vide la luce la prima area archeologica aperta al pubblico del tempo». Tre le macro sezioni in mostra, a partire dal rapporto tra Napoleone e il mondo classico, con la formazione del giovane Bonaparte e l’adozione di diversi modelli tratti dall’Antico. "Vera passione? Direi che piuttosto l’arte era Instrumentum regni, un modo per legittimare il proprio potere - spiega ancora Pastor - Napoleone è stato Bruto rivoluzionario, poi Annibale quando valicò il San Bernardo. Si legò alle figure di Alessandro Magno e Cesare quando andò alla conquista dell’Impero. Quindi come Augusto si dedicò ad ampliare la sua capitale e, quando crebbe il potere della Chiesa, divenne Costantino». Si prosegue quindi con Napoleone, l’Italia e Roma e un approfondimento sullo scavo della Basilica Ulpia che porta in mostra per la prima volta anche i tre progetti redatti nel 1812 da Giuseppe Valadier e Giuseppe Camporese, conservati all’Accademia di San Luca. Fino alla sezione sui modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica come l’aquila romana, nel vessillo del 7/o Reggimento Ussari dal Musée de l’Armée di Parigi. "Una mostra - spiega all’ANSA la sovrintendente capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli - che racconta tutto il rapporto di Napoleone con la romanità e con la città di Roma, dove non arrivò mai perché non ne ebbe il tempo, e che ci accompagnerà alla data per lui letale del 5 maggio». Ma se l’imperatore francese tanto prese dall’Italia, anche in numero di opere d’arte trasferite a Parigi, cosa portò invece a Roma? «Avrebbe voluto farne la seconda città del suo impero - risponde la sovrintendente - Progettava un Arco di Trionfo, mai realizzato. Ci furono degli interventi su Piazza del Popolo, che fu poi terminata da Valadier, oltre a una interessante capacità organizzativa che applicò in quei primi 'scavì archeologici». Anche su questi temi, pandemia permettendo, «ad aprile - conclude la Marini Clarelli - speriamo di poter organizzare alcuni incontri importanti alla presenza del pubblico». Nel frattempo, «anche noi saremmo molto felici se potessimo aprire il museo nel week end. Sarebbe anche un modo per distribuire maggiormente e in più luoghi il pubblico».