Sono 34 pittrici vissute a cavallo tra Cinque e Seicento. Due celeberrime. Una terza celebre. Ma le altre? Eppure tutte ammirate e osannate nel mondo, colmate di onori, sostenute da mecenati, principi e re, amiche di artisti e scienziati. Come mai ne orecchiamo a malapena i nomi? Forse, ancor oggi siamo scettici all’idea di pittrici della caratura dei loro omologhi maschili.
La mostra
A questa inammissibile parzialità sta rimediando ora la mostra “Le Signore dell’Arte- storie di donne tra ‘500 e ‘600” allestita a Palazzo Reale di Milano, la cui data di apertura ufficiale continua a scivolare, ma che è visitabile virtualmente (www.arthemisia.it/it/le-signore-dell-arte) con il commento dello storico Sergio Gaddi. Sono esposte oltre 130 opere (curatrici Anna Maria Bava, Gioia Mori, Alain Tapié) provenienti da 67 musei internazionali. L’evento fa parte dell’ampio progetto messo in atto da tempo, con una serie di manifestazioni ed eventi a tema “I talenti delle donne”, da Fondazione Bracco, che ne è anche main sponsor. Il superbo catalogo è di Skira.
Due pittrici celeberrime: Sofonisba Anguissola e Artemisia Gentileschi
Si diceva: due pittrici celeberrime. E sono Sofonisba Anguissola e Artemisia Gentileschi (passata alla storia anche per le truci traversie sessuali). La terza è Lavinia Fontana, e già qualcuno nicchia. Se poi citiamo Rosalia Novelli, Ginevra Cantofoli, Elisabetta Sirani, Giovanna Garzoni… dobbiamo convenire che i più brancolano nel buio. Scopriremo notizie strabilianti. Tutte figlie o parenti strette di pittori, furono iniziate alla pittura nelle botteghe familiari giacché, essendo donne, non era loro possibile avventurarsi in luoghi pubblici. Di tutte, si ammira la “mano”, la fantasia delle ispirazioni, la maestrìa del disegno, l’abilità nell’uso dei colori, l’audacia di certi soggetti, il vigore e l’intensità delle forme che, per capirci, sembrano appunto “di mano maschile”. Stupisce che in gran parte si sbizzarriscano nella raccapricciante vicenda biblica di Giuditta che trancia la testa a Oloferne. Roba per Donatello, Michelangelo e certamente Caravaggio. Le signore abbordano questo tema con temerarietà, fanno schizzare il sangue, storpiano la bocca al decapitato. Artemisia ne lascia una delle più terrificanti rappresentazioni. Sono forse spaventose virago, queste signore pittrici? Semplicemente sono grandi pittrici. La loro sfida sociale sarà vinta con sudore e sangue. Saranno famose, ma il tempo s’occuperà di farle dimenticare alla svelta. E invece noi vogliamo ricordarle. Che certi quadri di Ginevra Cantofoli (vedi “Giovane donna in vesti orientali” ) siano stati attribuiti a Guido Reni o che una “Natura morta” di Fede Galizia sia stata recentemente battuta all’asta a 2 milioni di euro sono informazioni irrilevanti al confronto della vita di queste donne formidabili.
La storia della siciliana Sofonisba
Sofonisba (1528-1625) siciliana di adozione, piacentina di nobili natali, prima di sette figli, fu pittrice sopraffina, ammirata da Michelangelo. Trascorse oltre dieci anni a Madrid alla corte di Filippo II, richiesta quale dama d’onore di Isabella. Due i suoi soggiorni in Sicilia, prima col marito Fabrizio Moncada, (quando dipinse a Paternò la Madonna dell’Itria), poi, dopo la parentesi genovese, col secondo marito Orazio Lomellini, quando ebbe l’onore di una visita di Antonio van Dyck (1624). Fu lei a influenzare il Caravaggio, e non viceversa. Celeberrimi i suoi ritratti, parecchi familiari. Vedi l’amabile “Partita a scacchi”. Morì ultranovantenne e venne sepolta a Palermo nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi.
La storia di Artemisia
Artemisia subì uno dei processi più orrendi, per provare la sua verginità, e poi lo stupro da parte di un collega del padre, il quale padre non solo non la difese ma la costrinse a nozze riparatrici e a lasciare Roma per Firenze, dove fu la prima donna ad essere accolta nell’Accademia delle Arti del disegno. Lei, dipingendo con la luce e la forza di Caravaggio, maturò un’arte feroce. E una vita libera e spietata, da eroina femminista ante litteram. Strinse amicizia con Galileo con il quale, avendo imparato a scrivere, intrattenne corrispondenza. Da Firenze si spostò a Genova, Roma, Venezia, Londra, Napoli, dove morì nel 1653.
La storia di Lavinia Fontana
Lavinia Fontana, bolognese, è presente in mostra con il maggior numero di opere: 14. Figlia del pittore manierista Prospero, sposò il pittore imolese Giovan Paolo Zappi, a condizione che potesse continuare a dipingere. E così fece. Anzi, il marito divenne suo attento manager. Si specializzò in ritratti di nobildonne, tutte sontuosamente vestite. Ebbe 11 figli, 8 morti prematuramente. Anche la sua produzione artistica fu di eccezionale prolificità (dipinse tra l’altro circa 100 pale d’altare). Chiamata a Roma da papa Gregorio XIII divenne “la Pontificia Pittrice”. Si dedicò poi alla scultura realizzando bozzetti di uomini e animali. Il suo ultimo dipinto (1613) fu Minerva in atto di abbigliarsi, una dea garbata e gentile, priva di sensualità: è il primo nudo femminile dell’arte occidentale dipinto da una donna. A 60 anni Lavinia fu colta da una crisi mistica e si ritirò in un monastero, assieme all’anziano consorte. Morì l’anno dopo.
La storia di Rosaria Novelli
Rosalia Novelli, 1628-1688, (figlia di Pietro, il pittore siciliano più importante della prima metà del XVII secolo), dopo l’apprendistato nella bottega del padre a Palermo, copiando opere di Van Dyck e di altri fiamminghi, fu fortemente influenzata dall’arte di Sofonisba, nella cui casa andò anche ad abitare dopo la morte di lei. Si ha certezza di una sola sua opera – santa Rosalia e san Francesco in estasi – per la chiesa di Piraino (Messina) e di un disegno, “La raccolta della manna”, custodito nella Galleria Regione di Palazzo Abatellis di Palermo, firmato Rosolea Bono, dal nome del secondo marito don Diego Bono.
Le altre
Artista emerita di incisioni e miniature anche Fede Galizia. Il suo ritratto di Paolo Morigia è segnalato per il riflesso di una porta dipinto sulle lenti degli occhiali che l’uomo tiene in mano (evidente richiamo al gioco degli specchi del leggendario “ritratto dei coniugi Arnolfini” del fiammingo Jan van Eyck). Iconica la sua Giuditta con la testa di Oloferne, sontuosamente vestita, in posa di serena compostezza. Fede Galizia morì prematuramente nella pestilenza del 1630. Di Elisabetta Sirani, figlia del mercante d’arte Giovanni Andrea, primo assistente di Guido Reni, morta a 27 anni per una peritonite, si vociferò fosse stata uccisa da Ginevra Cantofoli, sua rivale in amore. Al funerale della Sirani fu letto il seguente elogio funebre: «Gloria del sesso Donnesco, Gemma d’Italia, Sole dell’Europa». Fu la prima artista donna in Europa a fondare una Scuola femminile di pittura. Ancora, Giovanna Garzini, ascolana (1600-1670) sostenuta da protettori e mecenati, viaggiò in tutta Europa. Lasciò preziose pergamene e un rarissimo Erbario figurato. Altre sorprese e ancora altri nomi (sono 24) fanno parte di questa travolgente rassegna di grandi pittrici. Che furono soprattutto grandi donne.
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