Tre letti di corde e legno con i segni ancora evidenti delle stuoie che li ricoprivano, il vaso da notte accanto ai giacigli, mentre tutto intorno lo spazio è occupato da attrezzi di lavoro, il timone del carro, i finimenti dei cavalli, grandi anfore accatastate.
A Pompei la villa di Civita Giuliana restituisce una stanza abitata dagli schiavi, ancora intatta. «Una scoperta eccezionale», spiega all’ANSA il direttore del Parco Zuchtriegel, «E' rarissimo che la storia restituisca i particolari della vita dei più umili». Scoperte, dice il ministro Franceschini, «che fanno di Pompei un modello di studio e ricerca unico al mondo».
Il mantello di lana che indossava uno dei fuggitivi ritrovati un anno fa proprio su una rampa di scale della villa di Civita Giuliana, preziosa conferma di un’eruzione avvenuta in autunno e non alla fine di agosto come si era sempre creduto. Ma anche la stanza degli schiavi appena riportata alla luce con la fotografia reale e rarissima di un ambiente vissuto dai ceti più poveri della società antica con i loro oggetti d’uso. A Pompei, dice all’ANSA il direttore generale dei musei Massimo Osanna, non c'è solo la meraviglia delle notizie, i nuovi scavi e in particolare quelli che stanno riportando alla luce la fastosa villa suburbana alle porte del Parco archeologico «sono eccezionali e importantissimi anche per la miniera di notizie che offrono agli studi, tanti tasselli che addirittura cambiano anche la storia».
Uno degli esempi, spiega, è proprio lo stato di conservazione strepitoso nel quale è stata ritrovata nella villa di Civita Giuliana la stanza in uso alla famiglia di schiavi: «Qui c'è la vita», sottolinea ed è eccezionale, perché «nella storia i resti materiali si riferiscono quasi sempre alle élite, abbiamo le grandi opere d’arte, i complessi architettonici, ma quello che resta della cultura materiale è sempre frammentario». Anche le indagini fatte negli altri ambienti di questa tenuta, fa notare, stanno portando alla luce «tasselli da mettere a sistema, i due calchi dei fuggitivi con gli abiti che si vedono molto bene, il sacco con il mantello di lana, che è stato recuperato e analizzato e che ci ha fornito una prova di più che l’eruzione sia avvenuta alla fine di ottobre, ora anche i tessuti che avvolgevano i finimenti nella grande cassa trovata sempre nello sgabuzzino abitato dalla famiglia di schiavi». E non solo, «Il fatto che il timone del carro sia stato ritrovato nella stanza appoggiato sul letto del bambino conferma l’ipotesi che fosse stato usato da poco, magari proprio per una cerimonia come ci avevano fatto ipotizzare le spighe ritrovate sui sedili».
E ancora, incrociando i pochi dati rimasti dallo scavo su questa stessa villa ai primi del Novecento, «si è visto che la stanza dove abbiamo ritrovato il graffito della piccola Mummia era la stessa nella quale erano stati ritrovati una serie di piccoli gioielli femminili, a conferma che la bambina potesse davvero essere una figlia dei padroni di casa». Per questo, ribadisce l’ex direttore del Parco, «sono convinto che si debba andare avanti con gli espropri a dispetto di tutte le difficoltà e le attese che questo inevitabilmente comporta e mi auguro che gli scavi possano essere completati nell’arco di cinque anni. Il lavoro che sta facendo Zuchtriegel con il suo team di archeologi a Pompei è davvero importante e prezioso».
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