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Che musica il 2021! Dai Maneskin alla Scala, manifesti (e lutti) di un anno di spettacolo

Quanti mesi è durato questo 2021?

Questo altro anno in battere e levare. Coi suoi gravi e gli acuti. Tra una, nessuna, centomila alzate e altrettante ricadute. Da gennaio quando le note risuonavano a margine dei Dpcm, a dicembre... con la stessa musica.

Da Gennaio, quando la scena era già tutta (vuota) per Sanremo - chi se lo scorda quel "su i braccioli" di Fiorello che parlava alle poltrone! - fino a dicembre, il mese dell'annuncio di un nuovo Sanremo, un Sanremo nuovo, stavolta (forse, chissà) a pieno. Un simbolo come un altro il Festival della canzone italiana. In questo giro di vite, magari anche più di altri. Il tappeto, rosso ed elastico, che prima ha incoronato e poi proiettato i Maneskin in Europa e oltre oceano, dal vecchio ai nuovi continenti della musica.

I Maneskin e il loro anno di metallo, di corde (che hanno sempre la stessa radice del cuore) d'acciaio e dischi di platino. I Maneskin d'oro, a battere il ferro finché è caldo per imprimere marchio e carattere. A segnare traiettorie sferrate, di quelle che percorri solo se sai viaggiare fuori strada. I Maneskin che vincono Sanremo, i Maneskin che vincono l'Eurovision Song Contest, i Maneskin che aprono il concerto a stelle e strisce dei Rolling Stones, i Maneskin agli European Music Aword. I Maneskin che dominano le classifiche, tutte le classifiche, le classifiche ovunque. Che sbancano le statistiche, i conti che si era fatto chi non aveva messo in conto il capitale di Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio e il loro pop-hard-glam rock di storie a memoria d'uomo e sogni, segni a misura di suono.

I dodici mesi di questo 2021 non sono stati dodici.

Non sono stati neppure mesi. È stato tempo, infinito, indefinito. Ere, epoche, epiche. Manifesti e lutto. E questo la musica lo sente.
La Musica Leggerissima, la voglia di niente e il desiderio di tutto, l'allegro ma non troppo. Laura Pausini sul terrazzo di Hollywood, nominata agli Oscar, "Io sì" e "La vita davanti a sè". Sangiovanni che si prende Amici (anche se arriva secondo) e Baltimora X Factor (gIANMARIA? Il favorito della vigilia che perde la gran serata. E... niente di nuovo sotto il cielo del pubblico in chiaro, già visto, manco a dirlo, coi Maneskin). Poi Carmen Consoli, la cantantessa che voleva fare la rockstar e la sua abitudine di tornare con un disco dopo sei anni d'assenza (e di mancanza). E Vasco, "Siamo qui", dopo sette anni. Franco Battiato muore per sempre, Franco Battiato non morirà mai. L'addio a Raffaella Carrà e quel cordone ombelicale apparentemente reciso, inevitabilmente inciso. Pure Milva se n'è andata, fulva, in chissà quale altra Alexander Platz... Roul Caasadei, Erriquez e anche Michele Merlo, via tanto veloce, troppo presto. Carla Fracci, Libero De Rienzo, Gino Strada, Gianfranco D'Angelo e Nicoletta Orsomando, Renato Scarpa. L'ultima scena di Lina Wertmuller.

Il 2021 e il suo organetto.

Che ha allargato e stretto le capienze e le speranze. Si torna alla musica, allo spettacolo dal vivo, alla presenza. Ma transennata, intangibile, impalpabile come quando le persone le puoi vedere ma senza toccarle. Una libertà, ma senza corpo. Libertà, ma a singhiozzi, sfalsata. Fermata, distanziata, mascherata, alternata. Un posto sì, l’altro ancora no. La musica (l'arte) che ci aveva salvato la vita l'anno prima (come tutti gli altri anni del mondo), è scesa dai balconi per riprendersi la piazza (che se non è un luogo ideale d'ascolto, è il posto eletto per lo scambio e se la qualità lì si perde, c'è tutta una comunità che dentro ci si ritrova). Quella stessa musica che era andata a cercare se stessa fuori dai suoi schemi, è uscita dagli schermi. È tornata nelle sale, teatrale.

Alla Prima della Scala, l'ultima di Mattarella. Col Macbeth, la direzione di Chailly, la regia (la quarta inaugurazione consecutiva) di Livermore. E l’introspezione, l’approfondimento, il senso di comunità di Verdi, "l'implacabile resoconto della società" tradotto in una distopia maledettamente contemporanea, ispirata da un nuovo “inception”. Il più classico tradimento dei classici, Macbeth e il potere di scuotere, allora come ora. Un "tradimento necessario" nel nome di uno spettacolo ancorato sì sul palco tra i più importanti del mondo, eppure migrante verso quella televisione che è a portata di tutti (un biglietto in platea costava tremila euro, ed esserci è stato impagabile quanto inaccessibile, non per gli spettatori di Rai1). Realtà aumentata, teatro pubblico (intanto il 7 dicembre, in trend topic c’erano gli hastag #primascala e #macbeth).

Statuette, Leoni, Nastri e... pistole. Leone d’oro per il miglior film a «La scelta di Anne - L’E'vènement» di Audrey Diwan, «E' stata la mano di Dio» di Sorrentino vince il Leone d’argento - Gran premio della giuria (e viene scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar 2022 per la sezione «Miglior film straniero») alla Mostra del Cinema di Venezia. Alla Festa del Cinema di Roma «Petite maman» di Celine Sciamma ha vinto come miglior film, la miglior regia è andata invece a «Belfast» di Kennet Baragh. Mentre ai Nastri D'Argento il premio come miglior attore a Kim Rossi Stuart per «Cosa sarà», migliore attrice Teresa Saponangelo per «Il buco in testa"; nastri speciali per Sophia Loren e Renato Pozzetto. Emma Dante con «Le sorelle Macaluso» miglior regista e miglior film. Tutti in piazza per il concertone del Primo Maggio a Roma, tutti in casa per l'ultima puntata dell'ultima serie dell'ultimo atto di Gomorra.

L'anno del traghettamento, questo avrebbe dovuto essere il 2021.

Dalle città dolenti alle città sognanti. Dall'eterno dolore all'infinita speranza. Dalla perduta gente alla gente ritrovata. Invece è stato quello che tra inferno e paradiso ha fatto sosta in questo purgatorio. L'anno delle celebrazioni dantesche. Spettacolare Dante, anche settecento anni dopo. Il musico di canti e Cantiche, che sono luoghi del suono anche quelli, stridente o angelico. E della sua emancipazione orizzontale, dell'armonia e della sua tendenza all'alto. Per terzine, quei gruppi sovrabbondanti, irregolari, costretti in un tempo regolare. Lemmi su pentagrammi. Che pongono l'accento su una libertà sempre più cara, sempre più cercata.
... "E quindi uscimmo a riveder le stelle".

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