Lo scopo dichiarato è quello di muoversi tra l'arte e la sociologia, partendo dalla cronaca della pandemia, destinata col tempo a diventare storia. “C€, nessuna conformità garantita”, allestita fino al 28 gennaio nella galleria “Zona blu” di Milano, è una mostra che riunisce fotografie di Federica Carrozza (di Messina), Claudio Castilletti (di Comiso) e Luca Tegano (di Villa San Giovanni), frutto del progetto “uno+uno=tre”, promosso dal professore Armando Romeo Tomagra, docente di Fotografia nell'Accademia di Belle Arti di Catania.
C€ anziché CE, ovvero una voluta imitazione del marchio che consente alle merci di essere vendute in Europa, introduce subito il tema della “nessuna conformità garantita” per spostarlo, come succede quando l'obiettivo è quello di fare arte, su tutti i fatti del nostro tempo e quindi di questi anni “sospesi” in cui il Covid 19 domina le nostre vite.
In mostra dieci trittici: al centro una foto descrittiva (di Carrozza) che fa da unione fra le altre due, dedicate a ritratti. Spiegano i tre artisti: «Sono fotografie dai contenuti seri, mascherate da oggetti di intrattenimento. In essi l'attenzione è posta ai dettagli, con inquadrature ravvicinate, colori forti e sgargianti. Il tema è la recente pandemia, che ha segnato la vita di tante persone in un mondo sempre più globale e interconnesso. Alcune situazioni individuali o singole, in alcuni casi esasperate, raccontano un fenomeno sociale che ha avuto un grande impatto sui comportamenti umani, spesso estremizzandoli, o creando situazioni inimmaginabili».
Così nelle fotografie troviamo la mascherina indossata male e quella realizzata con mezzi di fortuna, l'utilizzo anche a sproposito dei disinfettanti fino all'eccessiva paura del contatto fisico. «Il progetto - spiega Luca Tegano - ha queste finalità: coesione e condivisione con l'obiettivo di creare qualcosa che funzioni sia nel singolo sia nella sua totalità. Durante il lockdown, abbiamo lavorato, sia pure a distanza, “uno+uno=tre”, avviando nuove sperimentazioni sui temi della pandemia. I risultati hanno sorpreso anche noi».
Non è un caso, quindi, che, partendo dal progetto del professore, i tre studenti-artisti si siano scelti a vicenda, riscontrando comunanza di idee nel vedere e raccontare l'esistenza parziale che stiamo vivendo. «Il mio sogno - aggiunge Carrozza - è la fotografia di reportage e, dopo l'ormai prossima laurea magistrale, voglio puntare a questo traguardo, anche se dovrò lasciare la mia città. Per ora, non potendo viaggiare, abbiamo trovato questo modo, un po' ironico, di raccontare la realtà».
Lei, fra l'altro, ha “ricostruito” il tampone alla papaia, quello della colorita contestazione del presidente della Tanzania, John Magufuli e, più provocatoriamente, un'ostia consegnata con i guanti; Tegano ha fotografato uno scarpone sul naso, utilizzato quale insolita mascherina, o anche una maschera da Stormtrooper, dal mondo di “Star Wars”; Castilletti presenta l'Amuchina come una bottiglia di champagne, ci mostra un ragazzo che mangia una banana attraverso un buco nella mascherina o ancora propone una mummia che ricorre anch'essa alla mascherina.
L'effetto simbolico è forte, funzionale a farci capire ancora di più, attraverso particolari inaspettati e con l'apparente oggettività della fotografia, quanto sia “costretto” - più di quanto ormai ci accorgiamo - il nostro attuale modo di vivere.
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