«Prima regola: perché la coppia aperta funzioni, deve essere aperta da una parte sola, quella del maschio. Perché, se la coppia aperta è aperta da tutte e due le parti, ci sono le correnti d’aria!». Sono passati quasi 40 anni da quando (era il dicembre 1983) Franca Rame diretta da Dario Fo portava in scena uno dei loro testi più brillantemente pungenti e applauditi nel mondo: «Coppia aperta quasi spalancata».
«Sono passati 40 anni, eppure non è che le cose siano cambiate poi tanto», sorride oggi Chiara Francini, attrice e scrittrice capace di passare con la stessa disinvoltura dalla conduzione tv al cinema, dalle fiction alle pagine dei suoi romanzi. E ovviamente il teatro, dove ha riportato in scena quel testo, fino a oggi rappresentato in oltre 700 edizioni in tutto il mondo (al tempo furono ben 30 contemporaneamente in Germania), indossando proprio i panni che furono della Rame, con Antonia, eroina perfetta di tutte le mogli tradite, che pur di continuare a stare vicino al marito accetta l’impensabile. Al suo fianco, Alessandro Federico, per la regia di Alessandro Tedeschi. Dopo una sfilza di sold out, lo spettacolo arriva alla Sala Umberto di Roma proprio alla Festa della donna, in cartellone dall’8 al 13 marzo, per poi proseguire in tournée tra Toscana, Piemonte e Marche fino a metà aprile.
«E' la grandezza di certi testi rimanere sempre attuali - racconta l’attrice all’ANSA - Un po' come Romeo e Giulietta che parlerà sempre a tutti, perché tutti conosciamo i dolori di un amore sfortunato. Così "Coppia aperta" racconta il sempiterno martirio dell’amore quando è coppia. Ma soprattutto l’evoluzione di Antonia, all’inizio convinta che la sua unica possibilità nella vita sia tenersi quest’uomo a ogni costo e che invece piano piano impara ad avere contezza di sé. Quando si accorge che aprendo quella porta c'è tutto un mondo, come un’Araba Fenice risorge e il marito si accorge finalmente di lei. Credo sia un difetto delle donne questa vocazione alla sofferenza, quasi si partorisse l’amore. Questo ci fa dimenticare di noi stesse, smarriamo i nostri desideri e ci convinciamo sia normale che quello che ci fa felici ci procuri anche dolore. Antonia si libera da questa convinzione atavica e da triste e piagnucolosa la ritroviamo in gonna di tulle e tacchi a spillo. Il testo è ancora così attuale che la gente corre a vederci, anche perché dopo gli ultimi due anni si ha bisogno di tornare a ridere e pensare insieme, di "toccare" la carne degli attori».
Quarant'anni e tante battaglie dopo, lo spettacolo oggi è anche un omaggio al talento di Franca Rame. «Come lui stesso raccontò ai funerali, Fo intervenne solo nell’ultima stesura della pièce. Poi l’ha diretta, ma mai interpretata - prosegue la Francini - Credo che per la Rame questo testo sia stato anche catartico. La vita a due con Dario Fo - sorride - è stata piuttosto turbolenta. Io davanti a un tradimento? Credo sarei devastata, soprattutto per la delusione. Per fortuna - ride - se è capitato non ne ho mai avuto consapevolezza». Paladina del movimento Lgbt+, giudice di «Drag Race Italia" su Real Time, nelle prossime settimane la Francini si dividerà anche con le repliche de «L'amore segreto di Ofelia» di Steven Berkoff (al Carcano di Milano dal 31 marzo al 3 aprile), mentre sta già «scrivendo un nuovo romanzo» e su Prime Video è ancora disponibile "Tre sorelle", la commedia tutta al femminile di Enrico Vanzina. «Gli stereotipi? Per noi donne a volte si annidano persino nei complimenti - riflette - Penso a quando di me scrivono "un’attrice dal temperamento forte". Di un maschio non si dice. Mi piacerebbe prenderli a picconate certi muri. Sono convinta che essere donna sia un’avventura che non finisce mai. Per questo - conclude - scelgo personaggi e testi che sradichino quel modo di raccontarci "orizzontale". Perché, come diceva Dante, la donna va narrata con quella grandezza "ascendente" che la caratterizza».
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