Non aveva paura della malattia Catherine Spaak, morta ieri in una clinica romana a 77 anni, e della sua fragilità negli ultimi anni aveva fatto quasi una bandiera. Per dire a voce alta che del proprio corpo non bisogna vergognarsi, anche quando è ferito. Così aveva fatto qualche anno fa dopo un’emorragia cerebrale e così ha fatto negli ultimi mesi, pur serbando un silenzioso riserbo sulla sua vita personale e sull'aggravarsi delle sue condizioni. Catherine era nata in Francia, a Boulogne-Billancourt nella regione parigina il 3 aprile1945, a pochi mesi dalla fine della guerra, ma era poi tornata coi suoi a Bruxelles dove la madre recitava e il padre scriveva sceneggiature.
Approdò al cinema quasi per caso, appena quattordicenne
Una vera famiglia d’artisti come prova anche la carriera di sua sorella Agnès, di un anno più grande e presto attratta dal palcoscenico, poi dai set cinematografici e infine affermatasi come fotografa. Catherine invece approdò al cinema quasi per caso, appena quattordicenne, quando sua madre accettò per lei la proposta di Jacques Becker che la volle per un piccolo ruolo ne "Il buco" (1959) dopo averla notata nel cortometraggio «L'inverno» di Jacques Gautier. Indipendente, ribelle, la ragazza parte per l'Italia e si ritrova quasi per caso sul set di Alberto Lattuada, indefesso scopritore di nuovi talenti con una predilezione per le "fanciulle in fiore". Spaak non sa che il suo primo film "italiano" è destinato a cambiarle la vita: «I dolci inganni» è infatti un vero successo generazionale con la sua adolescente Francesca innamorata di un architetto molto più grande. Nel film palpitano l’insicurezza e la sfrontatezza di una gioventù che ha fame di vita, vuole rompere gli schemi, non si adatta più alla morale tradizionale pur cercando sentimenti puri ed esperienze che fanno crescere.
Il cliché della ragazzina che fa perdere la testa a un maturo quarantenne
Due anni dopo, con «La voglia matta» di Luciano Salce e «Il sorpasso» di Dino Risi, Spaak diventa la giovane diva degli anni Sessanta. Nel film di Salce si ripete il cliché della ragazzina che fa perdere la testa a un maturo quarantenne (Ugo Tognazzi); in quello di Risi è la bionda e angelica Lilly, figlia di Vittorio Gassman e fidanzata del disincantato Biby (un già maturo Claudio Gora). Col suo improbabile copricostume a righe azzurre, i capelli a frangetta, il sorriso malizioso eppure segretamente ingenuo, Spaak si conferma un’icona e un modello per le sue coetanee, tanto da dettare la moda e da essere subito chiamata per personaggi simili. Col suo italiano via via più sciolto, l'inconfondibile accento esotico, uno sguardo fiero e involontariamente malizioso, la nuova stella piace ai registi: da Damiani ("La noia") a Pietrangeli ("La parmigiana"), da Comencini ("La bugiarda") al suo connazionale Vadim ("La ronde"). Insieme a Stefania Sandrelli e Claudia Cardinale è il volto degli anni '60 e viene adottata come «la francese d’Italia» anche dalla discografia, tanto da incidere con successo per Ricordi la versione nazionale di «Tous les garçons" di Françoise Hardy e poi «L'esercito del surf», un successo che marca l’estate del'64. Nel 1966 Mario Monicelli cambia la sua immagine con un altro trionfo al botteghino: «L'armata Brancaleone» in cui fa coppia con l’amico e mentore Vittorio Gassman vestendo i panni virginali di Matelda.
A metà anni '80 scopre la televisione
A metà anni '80 scopre la televisione e si accorge che la sua arguzia, schiettezza, sicurezza da donna indipendente e moderna fanno breccia nella grande platea di un piccolo schermo che a sua volta si sta rinnovando. Fa le sue prime prove a Canale 5 vestendo i panni della conduttrice nel «Forum» col giudice Santi Licheri; poi approva alla Raitre di Angelo Guglielmi come autrice e intervistatrice di «Harem», un salotto di buone maniere e sincere confessioni in cui la donna è protagonista assoluta. Il successo durerà immutato per quasi 15 anni, vedendo sfilare sulla poltrona dell’ospite grandi dive e donne semplici, creatrici di stile e imprenditrici di successo. Intanto Spaak si provava a teatro, portando in scena i suoi testi ("Storie parallele» e «Racconti dal faro"), appariva in serie tv di grande ascolto «E non se ne vogliono andare», "Affari di famiglia") recitava nell’unica regia dell’amica Monica Vitti ("Scandalo segreto"), per poi scegliere giovani registi di talento come Fabrizio Giordani ("Promessa d’amore"), Carlo Virzì ("I più grandi di tutti") fino al bellissimo «La vacanza» di Enrico Iannacone che nel 2019 sarebbe stata la sua ultima apparizione. E’ bellissima e intensa nel ruolo di una ex-magistrata colpita dai primi segni dell’Alzheimer. C'è molto della donna Catherine Spaak in questa severa giudice che rincorre i frammenti del suo passato: c'è la sua bellezza, appena graffiata dagli anni, una solitudine curata con amore (nonostante quattro mariti tra cui il malinconico Fabrizio Capucci, l’esuberante Johnny Dorelli, l’architetto Daniel Rey e il marinaio Vladimiro Tuselli), l’affetto per i ragazzi, come i due amatissimi figli Sabrina (da cui è stata divisa dopo un dolorosissimo divorzio) e Gabriele (cresciuto insieme a Dorelli). Con lei se ne va la giovinezza di una generazione.
I messaggi di cordoglio
«Apprendo con dolore della scomparsa di Catherine Spaak, artista poliedrica, colta ed elegante che nel nostro Paese ha trovato una casa che l’ha accolta e amata. Mi stringo ai familiari e agli amici in questa triste giornata». Così il ministro della Cultura, Dario Franceschini. Classe, garbo, eleganza, talento, fascino aristocratico: così colleghi e fan ricordano Catherine Spaak su Twitter. «Gentile garbata , per me con il suo 'harem', una musa ispiratrice. Mi dispiace moltissimo RIP #CatherineSpaak», scrive Simona Ventura. «Libera, affascinante, misteriosa, discreta... ciao #catherinespaak», è il ricordo di Antonella Clerici. «Un dolore forte. Ciao, Catherine», la testimonianza di Rita Dalla Chiesa. «Donna straordinaria, attrice ineguagliabile, L’ho sempre stimata per il rigore professionale e per la profonda sensibilità" Sono da sempre una sua ammiratrice, e lo sarò per sempre», dice Barbara D’Urso. Tanti ricordano le sue interpretazioni più note, dal Sorpasso alla Voglia matta, dall’Armata Brancaleone a Febbre da cavallo, ma anche Harem, il talk show tutto al femminile, raffinato, intelligente e privo di retorica, che la Spaak ha condotto dal 1988 al 2002 su Rai3