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A Siracusa ritorna il teatro classico della condivisione

L’idea di giustizia ed etica in Agamennone, l’essere stranieri in Edipo Re, la sorte e la libertà di Ifigenia in Tauride. Il teatro della condivisione in scena a Siracusa per il festival del teatro classico della Fondazione Inda. Al Teatro greco ritorna la stagione di spettacoli classici dopo due anni di limitazioni dovute alla pandemia: «È una stagione di grande qualità, in linea con quanto fatto nei decenni passati. L'Inda è riuscita a garantire gli spettacoli attraversando il deserto della pandemia e sono contento si possa ripartire con la capienza piena» ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, intervenuto alla presentazione collegato da Roma. «Credo nelle potenzialità dell'Istituto: c’è uno sviluppo - ha detto il ministro - che sono pronto a sostenere. Rafforzare il ruolo oltre Siracusa dell’Istituto e lavorare su quell’idea che già quest’anno ha le prime tracce con spettacoli che si ripetano fuori dalla Sicilia per il circuito dei Teatri di pietra» ha concluso Franceschini.
Una programmazione che richiama al presente: «Mai programmazione è parsa tanto consona ai tempi che viviamo, con la fine del Covid-19, la nostra peste tebana, e con la guerra alle porte dell’Europa, dopo l’aggressione russa all’Ucraina, e la minaccia incombente sulla pace mondiale. A distanza di millenni, i tragici greci che scrissero le loro opere nel V secolo avanti Cristo per educare gli ateniesi alla libertà della polis, continuano a parlarci nella lingua di oggi, ponendoci i dilemmi sempiterni della coscienza» ha detto il consigliere delegato Inda, Marina Valensise. il presidente della Fondazione Inda, il sindaco di Siracusa Francesco Italia, ha evidenziato come «il Teatro Greco è un luogo elettivo dal quale quest’anno vogliamo lanciare un messaggio di pace e speranza per il pianeta anche attraverso una serata speciale che nel segno dell’arte e della bellezza servirà a raccogliere fondi per i profughi ucraini».
Il teatro della condivisione tra pubblico e attori secondo Robert Carsen: «Uno spazio in cui il pubblico si unisce in uno. In quest’epoca in cui siamo stranieri insieme. E il teatro è condivisione tra il pubblico e gli attori. Il modo in cui il pubblico partecipa è molto, molto forte. È una nuova definizione di come fare il teatro. Come Edipo noi vogliamo scoprire chi siamo. Un testo miracoloso. L’opera può essere letta come un'istruzione fatalistica all'uomo sulla necessità di accettare un destino ingiusto, ma può anche essere vista come una celebrazione dell'indipendenza dello spirito dell'uomo, che lo induce a resistere a quel destino e a combatterlo, per quanto insensato o inutile ciò possa essere. Siamo tutti Edipo».
Il regista torinese Davide Livermore conclude quest’anno la sua trilogia: «Concludiamo questa Orestea, con il primo atto, è stato uno svolgimento atipico. È come vedere Guerre stellari dal quarto episodio. La giustizia è la parola fondamentale in tutta la trilogia. Attorno a cui gira tutto il nostro lavoro. Il nostro lavoro ha una caratteristica: un desiderio di profonda adesione filologica alla tragedia, nella traduzione di questi ingredienti antichi in accezione contemporanea». E poi l’idea di giustizia «i cui i confini vengono costantemente messi in discussione in un dramma che racconta il nostro dibattersi e le nostre umane fragilità. Ognuno di noi si porta sofferenze che arrivano da lontano. La nostra responsabilità è risolvere le sofferenze che ci sono state date». Spettacolare si preannuncia la scenografia: una grande superficie di specchi. E un ledwall anche a terra che può essere calpestato.
Un testo costellato di domande e contraddizioni è Ifigenia in Tauride. «È una tragedia scura e inquieta che si trasforma in una “escape tragedy”, una sorta di fuga rocambolesca da una terra dove apparentemente si compiono sacrifici umani ma che, a uno sguardo più approfondito, rivelerà una natura molto più ambigua e sfuggente - spiega Jacopo Gassmann -. Un testo meta mitologico dove i personaggi sanno di essere personaggi, miti stessi». Un testo che parla di sorte e libertà: «La sorte in Euripide inizia a essere preponderante. Questi personaggi sono presi in giro dalla sorte. È un testo che ci parla moltissimo di libertà che sembra un miraggio: nella prima parte Ifigenia e Oreste sembrano prigionieri di se stessi, mentre nella seconda parte del testo Ifigenia è costretta per sopravvivere a ricorre alla sua intelligenza per trovare la sua libertà».
In tutte le produzioni sono coinvolti gli allievi e le allieve dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico. «L’evento di chiusura della stagione è quello di Après les Troyennes, una creazione di teatro-danza del coreografo brasiliano Claudio Bernardo con la sua compagnia belga As Palavras che origina come omaggio al memorabile allestimento delle Troiane di Euripide firmato dal regista Thierry Salmon nel 1988 - spiega il sovrintendente della Fondazione Inda Antonio Calbi -. In scena quattro attrici e quattro danzatrici, ciascuna impegnata a indagare e restituire a noi, spettatori di oggi, i profili umani delle quattro protagoniste della tragedia: Ecuba, Andromaca, Cassandra, Elena. Oggi quel titolo acquista un valore diverso: dopo le Troiane del Mito, è stata la volta di infinite donne costrette alla fuga dalle loro patrie devastate dalla furia scatenata dagli uomini, l’altro ieri le donne irachene, poi le afghane, poi le siriane fino alle donne ucraine di oggi».

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