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Jovanotti e Crocetti e... le “poesie da spiaggia” per vivere meglio

Abitare la poesia, sentirsela dentro, comprendere attraverso la potenza della parola, di quella parola, che la verità può esserci rivelata non da ciò che accade intorno a noi ma dalla poesia. Letta, riletta, tradotta, ascoltata, in rima o no, dispiegata con il linguaggio dei segni. La poesia ci appartiene, ci legge, ci tende la mano, ci rivela, e l’effetto della potenza della parola si ripete, come nell’incontro di Jovanotti e Nicola Crocetti in una delle tappe più emozionanti del Salone del Libro. E il Salone stesso, come ha detto nella cerimonia di apertura Nicola Lagioia, è una tappa cruciale, una «tappa d’affetto» del valore libro, perché la «bibliodiversità», che fa rima con biodiversità, ed è parente stretta di molteplicità e di polifonia, è alla base della civiltà del libro. Si sono presi la scena, a Torino, in conversazione con Valeria Parrella, in una sala colma di giovani, giovanissimi, adulti e anziani, Jovanotti e Crocetti, l’allievo e il maestro, l’uno guida dell’altro attraverso la poesia, il luogo in cui la fiamma della parola riscalda più forte.
Lo hanno fatto, il cantautore-ragazzo-giullare e l’editore-poeta-traduttore con un libro, da loro curato,“Poesie da spiaggia” (Crocetti Editore), un’antologia lirica raccolta a quattro mani, “fiori” sempre vivi offerti a tutti. L’idea si è fatta strada nella mente fervida di Lorenzo Cherubini-Jovanotti, da sempre appassionato di poesia, proprio leggendo la traduzione di Crocetti dell’ “Odissea” di Nikos Kazantzakis, quando a un certo punto – scrive Jovanotti nel dialogo introduttivo del volume – , mentre leggeva gli è sembrato di aver ricevuto un dono. «Mi rendevo conto che ero oggetto di una sorta di incrocio di libri, ero io stesso l’Ulisse del poema e ho giocato a percorrere quelle traiettorie delle quali in quel momento ero il punto d’incontro. Una di quelle era il nome Crocetti, l’editore, il traduttore, il “mito” della poesia in Italia con quella sua bellissima rivista, “Poesia”, coi poeti in copertina». Dunque, Jovanotti cerca il “suo” Crocetti, gli propone un libro “da spiaggia”, titolo geniale per una pesca della poesia di cui cibarsi, cui aggrapparsi come naufraghi, un libro da portare nello zaino o in borsa, e Crocetti accoglie subito l’idea e si affida all’allievo, l’uno maestro dell’altro. Ognuno dei due ha scelto cinquanta poesie, così dopo essersi scambiati i primi titoli si sono accorti di avere scelto in buona parte, per una sorta di sintonia, le stesse poesie o gli stessi autori. Ma poi, ecco il Jovanotti scanzonato e profondo, lui che adorava il Cantico delle Creature fin da piccolo, affascinato dalla metrica di “frate sole” arrivata prima delle parole da cantautore, impazzito per l’ottava rima di Ariosto, lui che, pur consapevole che poesia e canzone sono due cose diverse, dalla poesia cercava di “rubare” qualche rima e di approfittare di qualche idea. «Non vorrei menarla tanto – ha detto – non vorrei neanche comunicare un atteggiamento reverenziale, perché la poesia è concreta, è una cosa che c’è, è nelle cose, e alcuni uomini e donne di grande sensibilità e talento la estraggono e la mostrano in maniera perfetta. Una perfezione non statica, perché si muove sempre, è inesauribile, come se la forma aurea della poesia si rompesse per ricomporsi sempre di nuovo».
La dimensione da “spiaggia” non ha sgomentato Nicola Crocetti perché «se la poesia è circondata da un bastione di indifferenza e ignoranza, per riuscire a penetrare questo muro altissimo e conquistare la cittadella della poesia ci vuole un “cavallo d’Ulisse” e non c’è cavallo di Troia migliore di Jovanotti». Un dono e una responsabilità, per Jovanotti (che ha ricordato di essere un “cavallo di fuoco” nell’oroscopo cinese), che si è detto molto contento, perché «sono sempre inciampato nelle cose, un po’ per caso ma cercando anche di inciampare, accettando l’idea che l’inciampo abbia un valore».
Quest’antologia racconta moltissimo di quello che ci circonda, ci aiuta a sistemare la memoria, a farne un patrimonio da passare di testimone in testimone. Attraverso i poeti e le poete antologizzati – ha ricordato la Parrella – forse si può trovare un filo conduttore: come l’uomo si pone di fronte alle difficoltà, quelle esterne, il tempo, la società, gli accadimenti, la guerra, il viaggio, e quelle interne, come la perdita e il senso di inadeguatezza nel ring della vita.

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