L’accoglienza che i 60 mila dello stadio di Zimpeto, alla periferia di Maputo, riserva a papa Francesco, per la messa finale della sua visita in Mozambico, è di una gioia travolgente: balli, canti, grandi ovazioni, che salutano festosamente - nonostante la pioggia - l’arrivo del Papa e il suo giro in "papamobile" lungo la pista di atletica.
Il catino è strapieno, colorato, partecipe, sia sugli spalti che sui posti allestiti nel campo di calcio. E Francesco si congeda dal Paese - vittima nel periodo post-coloniale di una lunga e sanguinosa guerra civile, i cui postumi arrivano fino all’intesa di pace del mese scorso - con un nuovo, forte appello alla riconciliazione nazionale, nonostante le «ferite» del passato.
«Molti di voi possono ancora raccontare in prima persona storie di violenza, odio e discordie; alcuni, nella loro stessa
carne; altri, di qualche conoscente che non c'è più; e altri ancora per paura che le ferite del passato si ripetano e
cerchino di cancellare il cammino di pace già percorso, come a Cabo Delgado», dice il Pontefice nell’omelia, con riferimento anche ai più recenti attacchi del radicalismo islamico. «È difficile parlare di riconciliazione - riconosce - quando sono ancora aperte le ferite procurate da tanti anni di discordia, oppure invitare a fare un passo di perdono che non significhi ignorare la sofferenza né chiedere che si cancelli la memoria o gli ideali». Ma «Gesù Cristo invita ad amare e a fare il bene. E questo è molto di più che ignorare la persona che ci ha danneggiato o fare in modo che le nostre vite non si incrocino: è un mandato che mira a una benevolenza attiva, disinteressata e straordinaria verso coloro che ci hanno ferito».
«Gesù, però, non si ferma qui - prosegue il Papa -; ci chiede anche di benedirli e di pregare per loro», «che pronunciamo i loro nomi non per insulto o vendetta, ma per inaugurare un nuovo rapporto che conduca alla pace». Non si può, secondo Francesco, «essere cristiani e vivere secondo la legge del taglione. Non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull'"equità" della violenza. Non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è "occhio per occhio, dente per dente"».
Per Francesco, «nessuna famiglia, nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l'odio». «Le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti», osserva, spiegando che «l'"equità" della violenza è sempre una spirale senza uscita; e il suo costo, molto elevato. C'è un’altra strada possibile, perché è fondamentale non dimenticare che i nostri popoli hanno diritto alla pace. Voi avete diritto alla pace».
Ma la raccomandazione del Papa è anche un’altra, e tocca direttamente il problema del malaffare. «Il Mozambico -
scandisce - possiede un territorio pieno di ricchezze naturali e culturali, ma paradossalmente con un’enorme quantità di popolazione al di sotto del livello di povertà. E a volte sembra che coloro che si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi». Ed «è triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra, che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che la corruzione sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni».
Chiusa così la sua tappa mozambicana - prima della messa il Papa visita anche, sempre a Zimpeto, il centro della Comunità di Sant'Egidio per la cura dell’Aids, salutando i malati - Bergoglio parte poi subito per il Madagascar, secondo dei tre Paesi di questo suo viaggio tra conflitti e grandi povertà nell’Africa Australe. Il terzo, lunedì prossimo, sarà Mauritius.
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