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La Nuova Zelanda alla cronista incinta accolta dai talebani: misure Covid salvano vite

Il governo neozelandese ha risposto, difendendo le sue misure severe contro la diffusione del Covid-19, alla giornalista di guerra Charlotte Bellis che, incinta, in una lettera ha detto di essersi rivolta ai talebani afghani perché l’ingresso le è stato rifiutato dal suo Paese, la Nuova Zelanda, che ha rigidissime misure sugli ingressi dall’estero. Il ministro neozelandese per l’emergenza Covid, Chris Hipkins, citato dalla Bbc, ha detto che le leggi sulla quarantena «hanno reso un servizio eccezionale alla Nuova Zelanda, ha salvato vite e risparmiato ricoveri e ha impedito che il nostro servizio sanitario venisse travolto».

Hipkins ha tuttavia aggiunto di aver chiesto a Bellis di chiedere un nuovo permesso d’ingresso, invocando le sue circostanze particolari, che sono previste dai regolamenti. Charlotte Bellis ha raccontato la sua storia al New Zealand Herald: in agosto aveva lavorato in Afghanistan per Al Jazeera assieme al suo compagno, il fotografo belga Jim Huylebroek. Era rientrata al quartier generale di Doha a settembre quando si è accorta di essere incinta.

Essendo illegale in Qatar aspettare un figlio senza essere sposati la giornalista ha deciso di rientrare in Nuova Zelanda ma le rigide norme anti-Covid imposte nel suo Paese le hanno impedito l’ingresso. A quel punto i due si sono trasferiti in Belgio ma non avendo un permesso di soggiorno non è potuta restare. L’unico altro Paese per il quale la coppia aveva il visto era l’Afghanistan e così Charlotte ha deciso di rivolgersi ai suoi contatti tra alti funzionari talebani. «Se quando sei incinta e non sposata essere ospitata dai talebani ti sembra un rifugio sicuro, vuol dire che sei messa male...» è l’inizio della lettera, che racconta la sua vicenda "brutalmente ironica».

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