«La Russia non esiste più. E’ una catastrofe morale». Ne è convinto Anton Dolin il più celebre critico cinematografico russo, ex collaboratore della radio Eco di Mosca ora bandita nel suo Paese. Sostenitore della rivoluzione di Maidan prima e delle proteste contro Lukashenko in Bielorussia poi, ha criticato apertamente anche la politica del Cremlino sull'Ucraina. Pochi giorni dopo «l'operazione speciale militare» lanciata da Vladimir Putin nella ex Repubblica sovietica, sulla scia di minacce e timori per il futuro della sua famiglia, è scappato a Riga, in Lettonia. «Quello che doveva essere un viaggio culturale si è trasformato in una partenza d’emergenza, a tempo indeterminato», ha raccontato in un’intervista telefonica all’AGI.
Prima di lasciare la Russia sulla porta del suo appartamento era apparsa una grande Z bianca, il simbolo usato sui mezzi russi in Ucraina e diventato ormai anche emblema del supporto all’invasione. «Era chiaro fosse una forma di minaccia, un avvertimento per dire che sanno dove vivo io e la mia famiglia e cosa penso sull'Ucraina. Messaggi minatori continuano ogni giorno anche ora, sui social, da profili sconosciuti e probabilmente fake», ha riferito il critico, oggi caporedattore della rivista 'Isskustvo Kinò (Arte del cinema) ed editorialista del portale Meduza.
Dolin fa parte dei numerosi russi che hanno lasciato il Paese in fretta, mentre iniziavano a colpire le prime sanzioni occidentali, a restringersi ulteriormente gli spazi di libertà e a circolare voci sulla possibile legge marziale e la chiusura dei confini. «Negli ultimi 10-15 giorni, molti russi da diversi ambienti - cultura, arte e business - che avevano permessi di soggiorno, visti, conti correnti o piccole imprese all’estero, hanno lasciato il Paese, magari hanno raggiunto qualche parente», sottolinea. «Poi c'è l’altra categoria di russi, come me, che è scappata verso l’ignoto, solo con visti in scadenza, qualche contante ed effetti personali».
Nell’incertezza diventata ormai cifra esistenziale, l’unica cosa sicura per Dolin è che per ora non vuole parlare di «emigrazione». La nuova vita fuori dalla Russia, però, è tutta da costruire, non si sa quanto durerà e come potrà essere sostenuta.
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