Ancora sorprese nella vicenda di Ivan Luca Vavassori, il fighter italiano volontario nella guerra in Ucraina, già giocatore di calcio e figlio adottivo dell’imprenditore lombardo Pietro Vavassori e di Alessandra Sgarella, la donna di Domodossola che alla fine degli anni '80 fu rapita dalla 'ndrangheta per nove mesi e poi morì nel 2011 per un male incurabile. Dopo aver pubblicato ieri mattina sul suo profilo Instagram una storia in cui dichiarava la sua volontà di «andare fino in fondo» nella sua missione in terra ucraina, nella serata di ieri ha pubblicato un ulteriore messaggio che lascia presagire un esito opposto.
«Sono stufo, per me è abbastanza così - scrive Ivan ancora una volta in spagnolo - E’ ora di tornare a casa, non ho più la testa per andare avanti. Ho fatto del mio meglio per aiutare. Ho messo tempo e vita a disposizione del popolo ucraino, ma è ora di riprendermi la mia vita. Torno dove sono felice e torno per riprendermi tutto quello che è mio. Le cose sono cambiate molto da quando me ne sono andato, ma sono sicuro che con l’aiuto di Dio raggiungerò i miei obiettivi. E lei è al primo posto in questi». Questo ultimo passaggio sembra riferirsi ad una donna. L’ultimo frame della storia, poi, mostra l’interno di un aereo e un finestrino. Come a confermare la volontà di tornare.
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