Per la prima volta a governare la Colombia sarà un presidente di sinistra, l’ex guerrigliero Gustavo Francisco Petro Urrego, vincitore delle elezioni da stesso lui definite la «prima vittoria popolare», voltando pagina su una lunga storia di dominio di partiti tradizionali. A succedere al conservatore e profondamente impopolare Ivan Duque è Petro, 62 anni, sarà quindi l’ex sindaco di Bogotà, che ha sconfitto il rivale d’affari milionario Rodolfo Hernandez, soprannominato il Trump dei Caraibi. Per Petro questa è stata la terza corsa alla presidenza in qualità di candidato sedicente guerriero per gli emarginati - neri e indigeni, poveri e giovani - con la promessa di attaccarsi a fame e disuguaglianza.
Chi è Gustavo Petro
Nato in una famiglia di mezzi modesti a Cienaga de Oro, sulla costa caraibica della Colombia, Petro ha abbracciato la politica di sinistra da adolescente, dopo il colpo di Stato del 1973 in Cile che ha destituito il primo leader marxista eletto al mondo, Salvador Allende. A 17 anni si è unito al gruppo di guerriglia urbana M-19, ma in seguito ha insistito sul fatto che il suo ruolo nei decenni di sanguinosa guerra civile colombiana era quello di organizzatore, mai di combattente. Nel 1985 Petro è stato catturato dall’esercito e ha dichiarato di essere stato torturato prima di trascorrere quasi due anni in carcere con l’accusa di detenzione di armi. Dopo la sua liberazione l’M-19 ha firmato un accordo di pace con il governo nel 1990.
Da allora è stato eletto più volte senatore e dal 2010 al 2015 è stato sindaco di Bogotà, la capitale, con un mandato caratterizzato da polemiche e racconti poco lusinghieri su presunte tendenze dispotiche. Con alle spalle una formazione di economista, il leader del partito Colombia Humana facente parte della coalizione Pacto Històrico, è già stato candidato alla presidenza nel 2010 e nel 2018. Padre di sei figli, naturalizzato italiano, viene descritto come un buon oratore, anche se non necessariamente carismatico.
E’ un appassionato di mappe e di social media, ma dai suoi critici viene dipinto come un populista radicale che porterà la Colombia al collasso economico in stile venezuelano. Uno scenario da lui stesso respinto con forza, avendo inveito in più occasioni contro il dominio da «repubblica delle banane» del Paese vicino. Colpito da minacce di morte, Petro è solito viaggiare in un convoglio di una dozzina di veicoli blindati, accompagnato da polizia in motocicletta, un’ambulanza e cecchini, anche se afferma di «evitare di pensare a questa possibilità», in una nazione minata da omicidi politici e da alti livelli di violenza.
Tra i suoi impegni di governo c'è quello di riaprire negoziati con l’ultimo gruppo guerrigliero colombiano, l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) e di voler smantellare pacificamente il traffico di droga. Oltre a fame e diseguaglianze socio-economiche, Petro si è anche prefisso di affrontare il problema del cambiamento climatico, ma in modo alquanto controverso, ovvero eliminando gradualmente l’esplorazione del petrolio greggio, un’importante fonte di reddito per la Colombia.
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